|
|
||
|
|||
1 gennaio 2011 Solennità di Maria,
Madre
di
Dio
Nm 6,22-27; Ga 4,4-7; Lc 2,16-21 O m e l i a I Vangeli ci raccontano la vita di Gesù, a cominciare dall’inizio della sua
vita
pubblica.
Come
ricordavo
in
una
recente
omelia,
Luca
e
Giovanni
hanno
entrambi
aggiunto
una
sorta
di
Prologo.
Questi
due
Prologhi
sono
molto
diversi
l’uno
dall’altro,
ma
hanno
anche
molto
in
comune.
Il
Prologo
di
Giovanni
comincia
molto
solennemente
con
le
parole:
« In
principio
era il Verbo (o la Parola), e il Verbo era
Dio...ecc.
». E la « Parola » è anche al centro
dei
due
primi
capitoli
del
Vangelo
di
Luca,
che
costituiscono
il
suo
Prologo,
e
in
modo
particolare
nel
passaggio
che
abbiamo
ora
ascoltato.
La
differenza
è
che
Giovanni
utilizza
il
termine
greco
logos,
tratto
dalla
filosofia
greca,
mentre
Luca
utilizza
il
termine
più
comune
di
rema, che in greco significa sempre « parola »,
anche
se
diverse
traduzioni
moderne
(compresa
quella
del
Messale)
la
traducono
spesso
con
«
avvenimento
»,
poiché
il
termine
« parola »,
nelle
lingue
semitiche,
è
spesso
utilizzato
per
designare
una
parola
realizzata,
dunque
un
avvenimento. Ritorniamo alla notte di Natale. C’erano dei pastori sulla montagna, che pascolavano
le
loro
greggi.
Un
angelo
appare
e
parla
a
loro.
Annuncia
loro
una
grande
gioia:
è
nato
per
loro
un
Salvatore
nella
città
di
David.
E’
il
«
loro
»
salvatore.
Infatti
l’angelo
dice
:
« un
salvatore
è
nato
per
voi
».
E
dà
loro
un
segno
:
troveranno
un
neonato
fasciato
e
adagiato
in
una
mangiatoia.
Una
volta
data
questa
parola,
appare
una
schiera
di
angeli
che
cantano
le
lodi
di
Dio. Come reagiscono i pastori a questa parola ? Parlano tra di loro, e dicono: «Andiamo fino a Betlemme per vedere
cosa
è
successo
»
-
e
tradotto
letteralmente
:
«
andiamo
a
vedere
questa
parola
».
Luca
è
il
solo
ad
identificare
« Betlemme »
con
la
«
città
di
David
».
Probabilmente
bisogna
vedere
un
legame
simbolico
tra
il
nome
di
« Betlemme »,
che
significa
la
«
casa
del
pane
»
e
la
mangiatoia in cui Maria ha deposto Gesù,
per
offricelo
simbolicamente
in
nutrimento
spirituale. I pastori vengono dunque a Betlemme e vi trovano Maria e Giuseppe con il neonato
coricato
in
una
mangiatoia
(un
neonato
che
non
ha
ancora
nome).
Prendono
allora
la
parola
e
raccontano
ciò
che
l’angelo
aveva
detto
loro. Come loro stessi erano stati presi da un grande
timore
all’arrivo
dell’angelo
nella
notte
di
Natale, allo stesso modo le persone a cui riferiscono
queste
parole
sono
prese
da
grande
stupore.
E
come
la
moltitudine
degli
angeli
era
venuta
sulla
montagna
a
cantare
le
lodi
di
Dio,
anche
i
pastori
ripartono
lodando
Dio
per
tutto
quello
che
avevano
sentito
e
visto. L’atteggiamento di Maria nei confronti della parola è differente. Quando l’Angelo
le
aveva
annunciato
che
avrebbe
messo
al
mondo
il
Figlio
di
Dio,
aveva
risposto:
«
che
sia
fatto
di
me
secondo
la
tua
parola ». Quella parola si era fatta carne in lei. Ora che ha deposto in una mangiatoia quella parola incarnata
e
ha
inteso
tutte
queste
altre
parole
su
suo
figlio,
che
fa
?
Non
dice
nulla.
Resta
silenziosa
e,
ci
dice
Luca,
conserva
tutte
queste
parole
nel
suo
cuore
e
le
medita. Tra i membri della Chiesa, cioè tra tutti coloro che hanno riconosciuto Gesù
come
loro
Salvatore,
la
vocazione
più
comune
è
quella
che
imita
l’atteggiamento
dei
pastori,
i
quali,
non
appena
hanno
scoperto
la
parola,
escono
sulle
piazze
per
lodare
e
glorificare
Dio.
Ma
c’è
anche
la
vocazione
-
chiamata
contemplativa
-
di
coloro
che
sono
chiamati
ad
imitare
Maria,
trattenendo
e
meditando
incessantemente
nel
cuore
la
Parola
che
hanno
ricevuto. Noi però abbiamo tutti una vocazione comune che è quella di essere figli e
figlie
di
Dio.
Il
Figlio
primogenito
si
è
fatto
uno
di
noi
perché
diventiamo
tutti
figli
di
Dio.
San
Paolo
ce
ne
parla
nella
sua
Lettera
ai
Galati,
in
cui
ci
dice
che
Dio
ci
ha
mandato
suo
Figlio,
che
è
diventato
uno
di
noi,
nato
da
una
donna
–
Maria
–
perché
noi
diventiamo
figli
nel
Figlio
prediletto.
E
come
gli
angeli
avevano
dato
ai
pastori
un
segno,
anche
Paolo
ci
dà
un
segno
di
questa
meravigliosa
realtà.
Il
segno
è
ancora
una
Parola.
È
la
Parola
dello
Spirito
di
Gesù
in
noi.
Questo
Spirito
di
Gesù
dentro
di
noi
grida
incessantemente
verso
il
Padre,
in
un
grido
che
è
suo
e
nostro
insieme
:
« Padre » (Abba). Otto giorni dopo la nascita di Gesù, di nuovo una parola si fa sentire: questa
parola
è
il
nome
che
viene
pronunciato
su
di
lui,
il
nome
che
gli
viene
dato,
e
che
gli
era
stato
destinato
prima
che
fosse
concepito
nel
seno
di
Maria. Cari fratelli e sorelle, fiduciosi nella Parola di Dio Padre che ci ha chiamato
a
essere
suoi
figli;
e
fiduciosi
anche
nel
nome
proprio
che
è
stato
dato
a
ciascuno
e
ciascuna
di
noi;
attenti
alla
voce
dello
Spirito
in
noi
che
dice
« Abba »,
facciamo come Maria, che ruminava tutte queste
parole
nel
suo
cuore,
e
imitiamo
anche
i
pastori,
nel
glorificare e lodare le meraviglie di Dio nelle
nostre
vite
e
nella
vita
del
suo
Popolo. Armand
VEILLEUX |
Altre omelie per la stessa solennità
2010 - français 2009 - français 2008 - français
|
||
|
|||