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3 gennaio 2010 – Epifania Is 60,1-6 ; Ef. 3,2-3a.5-6
;
Mt
2,1-12 Omelia Questo incantevole racconto, che ha suscitato
nelle
varie
epoche
tanti
sviluppi
fiabeschi,
si
trova
soltanto
nel
Vangelo
di
Matteo.
Non
ve
n’è
traccia
neppure
nel
Vangelo
di
Luca,
in
cui
pure
i
primi
due
capitoli
si
presentano
al
lettore
come
un
racconto
dell’infanzia
di
Gesù.
Qualunque
possa
essere
stato
il
fatto
storico
all’origine
di
questo
racconto,
possiamo
domandarci perché se ne è conservata memoria proprio nella
comunità
cristiana
in
cui
si
è
venuto
eleborando
il
Vangelo
di
Matteo,
dunque
in
una
comunità
di
origine
ebraica.
Il
re
Erode
il
Grande,
che
regnò
in
Giudea
a
partire
dall’anno
40
avanti
Cristo,
non
godeva
certo
di
una
grande
popolarità,
non
solo
a
causa
della
sua
ben
nota
crudeltà,
ma
anche
perché
era
di
origine
straniera,
essendo
nato
a
Edom,
paese
tradizionalmente
nemico
dei
Giudei.
Ma
non
è
lui
il
personaggio
principale
del
racconto.
Sono
i
tre
Saggi,
chiamati
Magi. Poco
importa
che
essi
siano
veramente
esistiti,
o
che
questo
racconto
sia
una
sorta
di
parabola,
come
la
storia
di
Giobbe
nell’Antico
Testamento,
o
ancora
come
le
numerose
parabole
utilizzate
da
Gesù
per
trasmettere
il
suo
proprio
insegnamento.
Questi
Magi
incarnano
la
figura
dell’uomo
che
sa
percepire
la
presenza
di
Dio,
o
almeno
il
suo
messaggio
o
il
suo
richiamo,
nei
segni
dei
tempi. L’attesa
del
Messia
in
Israele
era
una
forma
particolare
di
apertura
ad
un
essere
trascendente,
o
in
ogni
caso
ad
un
mondo
trascendente
che
si
ritrovava
in
tutte
le
religioni
e
le
culture
dell’antichità.
In
realtà
questa
apertura
è
una
parte
tanto
essenziale
dell’essere
umano,
che
la
si
rirova
non
solo
in
tutti
i
messianismi
religiosi
della
storia,
ma
anche
perfino
nel
messianismo
laico
dei
nostri
giorni,
anche
quando
esso
pretende
di
essersene
liberato. La
speranza
è
un
attitudine
costitutiva
dell’essere
umano.
Ha
animato
non
solo
i
molti
secoli
di
espansione
del
cristianesimo,
ma
anche
le
rivoluzioni
borghesi
della
fine
del
18°
secolo,
come
pure
le
rivoluzioni
economiche
e
industriali
che
hanno
dato
origine
al
proletariato
nel
19°,
e
le
rivoluzioni,
dai
contorni
ancora
imprecisi, che viviamo oggi nei diversi campi tecnologici. La
prima
lettura
di
oggi
è
tratta
da
Isaia.
E’
un
oracolo
di
consolazione
rivolto
alla
città
di
Gerusalemme,
tante
volte
assediata,
presa,
ripresa,
distrutta.
In
questo
testo,
come
in
diversi
altri
luoghi
del
libro
di
Isaia,
questa
città
è
descritta
come
una
donna,
una
madre,
una
sposa,
a
cui
si
annuncia
il
ritorno
dei
suoi
figli
dispersi
e
l’omaggio
che
verranno
a
renderle
i
popoli
stranieri.
Tutto
questo
insieme
di
immagini
non
è
certamente
estraneo
all’elaborazione
della
storia
dei
Magi
venuti
a
vedere
il
bambino
Gesù. E
questi
Magi
restano
un
modello
per
chi
oggi
e
in
tutti
i
tempi
va
cercando
qualcosa.
Gente
che
non
si
diverte
a
tentare
di
inventare
segni
e
simboli,
ma
che
sa
riconoscere
il
valore
simbolico
delle
cose
ordinarie.
Gente
alla
ricerca,
abbastanza
folle
per
abbandonare
la
sicurezza
e
il
confort
delle
loro
residenze,
per
seguire
una
stella,
non
poi
tanto
diversa
da
tutte
le
altre. Questi
Magi
non
cercano
un
segno,
cercano
qualcuno.
Quando
il
segno
è
visibile,
lo
seguono.
Quando
il
segno
scompare,
cercano
informazioni
in
un
altro
modo.
E
quando
arrivano
alla
meta,
il
segno
non
ha
più
importanza. Mai, in nessun momento, adorano la stella. Quando
la
vedono,
provano
una
grande
gioia.
Quando
essa
si
ferma
sopra
una
casa,
vi
entrano.
E
cosa
trovano
?
Una
realtà
tanto
umile
e
ordinaria
che
di
più
non
si
può:
un
bambino
e
sua
madre.
Che
fanno
?
Si
inginocchiano
e
adorano.
Il
racconto
di
Matteo
sembra
compiacersi
a
sottolineare
il
contrasto
tra
il
carattere del tutto straordinario del segno che li ha
condotti
alla
loro
meta
e
il
carattere
ben
ordinario
della
realtà
che
scoprono
e
adorano. L’aspirazione
all’incontro
con
Dio
è
stata
posta
dal
Creatore
nel
cuore
di
ogni
essere
umano.
Le
religioni
possono
servire
da
stelle,
nulla
più.
Certo,
non
hanno
tutte
lo
stesso
valore;
ma
nessuna
in
quanto
tale
può
essere
oggetto
di
culto e di adorazione. Solo può essere adorato il
Dio
che
si
è
fatto
bambino
per
diventare
uno
di
noi
e
assumerci
tutti.
Verso
di
lui
convergono,
attraverso
le
epoche,
popoli
provenienti
da
tutti
gli
orizzonti,
condotti
da
miliardi
di
stelle
diverse. E’
questo
aspetto
del
mistero
dell’Incarnazione
che
celebriamo
oggi. Armand VEILLEUX
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