11 luglio 2007 -- Solennità di san Benedetto

Prov. 2,1-9; Matt. 19, 27-29

 

O M E L I A

 

            Quando Paolo VI dichiarò san Benedetto « patrono dell’Europa » nel 1964, la maggior parte degli organismi politici ed economici attuali, come l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa, la Comunità Europea ecc., non esisteva ancora, e neppure la questione dell’Europa dei sette, dodici o venticinque paesi.  L’Europa alla quale si riferiva Paolo VI era questo grande insieme geografico dall’Atlantico agli Urali e dall’Artico al Mediterraneo, che comportava, oltre a una storia comune, una ricchissima diversità di culture e di tradizioni culturali e religiose. Paolo VI  intendeva così sottolineare il fatto che lo spirito che si esprime nella Regola di san Benedetto, e che si è incarnato in forme molto varie attraverso i secoli nella maggior parte dei popoli di questo insieme così vasto, aveva largamente contribuito a mantenervi attraverso i secoli passati un soffio spirituale e un senso comunitario,  e poteva farlo ancora in futuro, in una maniera sempre rinnovata.

            Ciò che colpisce, ad uno sguardo d’insieme su questa grande tradizione benedettina, è che si tratta di uno spirito tutto sommato abbastanza indipendente dalle strutture in cui esso si incarna, in ogni periodo e in ogni contesto culturale determinato.  Benedetto ha radunato una piccola comunità a Subiaco, poi ha fondato un piccolo monastero a Monte Cassino, e una dozzina di altri piccoli monasteri nei dintorni. Nel giro di pochi secoli, tutti questi monasteri furono distrutti e tutte queste comunità furono disperse. Ma lo spirito rimase vivo e diverse piccole comunità nacquero e si mantennero in Italia fino alla rifondazione di Monte Cassino e all’epoca di Papa san Gregorio, che diede allo spirito benedettino un grande slancio missionario. Vi furono grandi movimenti rinnovatori, come quello di Cluny, nell’XI secolo, e quello di Cîteaux nel XII. L’Europa si ricoprì di grandi abbazie, spesso con centinaia di monaci, le quali per la maggior parte scomparvero dopo alcuni secoli di esistenza. E tuttavia lo spirito che si era manifestato nella Regola di Benedetto continuò sempre a mantenersi e a trasmettersi, di generazione in generazione, di secolo in secolo, attraverso piccole comunità, quasi sempre fragili e precarie, senza grande fama e senza alcuna fanfara intorno ad esse.

            L’Europa deve ai monasteri della famiglia benedettina una gran parte della sua tradizione culturale, ivi compresa quella architettonica. Ma questo non è che un sottoprodotto, per così dire, della sua spiritualità. Non è là l’essenziale della sua eredità, e ancor meno del suo messaggio. Lo spirito di Benedetto deve mantenersi, si mantiene e si manterrà come un lievito del Vangelo nel cuore dell’Europa, come nel cuore del resto dell’umanità, essenzialmente attraverso comunità piccole e umili, che incarnano semplicemente e umilmente lo spirito del Vangelo, così come si trova incarnato nella forma di vita cristiana descritta da san Benedetto nella sua Regola di vita per i monaci.

            Nelle due letture della Messa di oggi si ritrovano gli elementi essenziali di questo stato di vita: prima di tutto una vita di rinuncia il più possibile radicale per seguire Cristo (che ritroviamo nel Vangelo che abbiamo letto) e una ricerca costante della Sapienza, soprattutto attraverso l’ascolto costante della Parola di Dio (di cui ci parla la lettura del Libro dei Proverbi).

            Domandiamo a san Benedetto di ottenere par noi la grazia della fedeltà in questa ricerca sapienziale e in questa rinuncia a tutto ciò che non è Cristo.

Armand VEILLEUX

 

 

Altre omelie per la stessa solennità :

 

nel 1999 : français / italiano

nel 2000 : français / italiano

nel 2003 : français

nel  2005 : English

 

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