11
luglio 2007 -- Solennità di san Benedetto
O M E L I A
Quando Paolo VI dichiarò san Benedetto « patrono
dell’Europa » nel 1964, la maggior parte degli organismi politici ed
economici attuali, come l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa, la Comunità
Europea ecc., non esisteva ancora, e neppure la
questione dell’Europa dei sette, dodici o venticinque paesi. L’Europa alla quale si riferiva Paolo VI era
questo grande insieme geografico dall’Atlantico agli Urali e dall’Artico al
Mediterraneo, che comportava, oltre a una storia comune, una ricchissima
diversità di culture e di tradizioni culturali e religiose. Paolo VI intendeva così sottolineare
il fatto che lo spirito che si esprime nella Regola di san Benedetto, e che si è
incarnato in forme molto varie attraverso i secoli nella maggior parte dei
popoli di questo insieme così vasto, aveva largamente contribuito a mantenervi
attraverso i secoli passati un soffio spirituale e un senso comunitario, e poteva farlo ancora in futuro, in una
maniera sempre rinnovata.
Ciò che colpisce, ad uno sguardo d’insieme su questa
grande tradizione benedettina, è che si tratta di uno spirito tutto sommato
abbastanza indipendente dalle strutture in cui esso si incarna, in ogni periodo
e in ogni contesto culturale determinato.
Benedetto ha radunato una piccola comunità a Subiaco, poi ha fondato un
piccolo monastero a Monte Cassino, e una dozzina di altri piccoli monasteri nei
dintorni. Nel giro di pochi secoli, tutti questi monasteri furono distrutti e
tutte queste comunità furono disperse. Ma lo spirito rimase vivo e diverse
piccole comunità nacquero e si mantennero in Italia fino alla rifondazione di
Monte Cassino e all’epoca di Papa san Gregorio, che diede allo spirito
benedettino un grande slancio missionario. Vi furono grandi movimenti
rinnovatori, come quello di Cluny, nell’XI secolo, e quello di Cîteaux nel XII.
L’Europa si ricoprì di grandi abbazie, spesso con centinaia di monaci, le quali
per la maggior parte scomparvero dopo alcuni secoli di esistenza. E tuttavia lo
spirito che si era manifestato nella Regola di Benedetto continuò sempre a
mantenersi e a trasmettersi, di generazione in generazione, di secolo in secolo,
attraverso piccole comunità, quasi sempre fragili e precarie, senza grande fama
e senza alcuna fanfara intorno ad esse.
L’Europa deve ai monasteri della famiglia benedettina una
gran parte della sua tradizione culturale, ivi compresa quella architettonica.
Ma questo non è che un sottoprodotto, per così dire, della sua spiritualità.
Non è là l’essenziale della sua eredità, e ancor meno del suo messaggio. Lo
spirito di Benedetto deve mantenersi, si mantiene e si manterrà come un lievito
del Vangelo nel cuore dell’Europa, come nel cuore del resto dell’umanità,
essenzialmente attraverso comunità piccole e umili, che incarnano semplicemente
e umilmente lo spirito del Vangelo, così come si trova incarnato nella forma di
vita cristiana descritta da san Benedetto nella sua Regola di vita per i
monaci.
Nelle due letture della Messa di oggi si ritrovano gli
elementi essenziali di questo stato di vita: prima di tutto
una vita di rinuncia il più possibile radicale per seguire Cristo (che
ritroviamo nel Vangelo che abbiamo letto) e una ricerca costante della
Sapienza, soprattutto attraverso l’ascolto costante della Parola di Dio (di cui
ci parla la lettura del Libro dei Proverbi).
Domandiamo a san Benedetto di ottenere par noi la grazia
della fedeltà in questa ricerca sapienziale e in questa rinuncia a tutto ciò
che non è Cristo.
Armand
VEILLEUX
Altre omelie per la stessa solennità :
nel 1999 : français / italiano
nel 2000 : français / italiano
nel 2003 : français
nel 2005 : English