26 août 2007 - 21ème dimanche "C"

Is 66,18-21; 12,5-7. 11-13; Lc 13,22-30


O M E L I A

 

Se siete d’accordo, in un primo tempo ci applicheremo ad analizzare attentamente il senso di alcune espressioni di questo passo del Vangelo di Luca, per vedere, in un secondo momento, come questo messaggio si applica anche a noi.

Luca colloca il racconto nel contesto della salita di Gesù a Gerusalemme.  Non si preoccupa ancora di sottolineare l’importanza di Gerusalemme. Insiste piuttosto sul fatto che Gesù  è in cammino. Gesù non ha un luogo dove fermarsi.  Non è più il benvenuto nelle Sinagoghe e allora predica il suo messaggio  sulla pubblica piazza, nelle città e nei villaggi.

E’ allora che qualcuno gli pone la domanda sul numero degli eletti.  Qui purtroppo la traduzione francese che abbiamo nei nostri messali attuali è una interpretazione che modifica il senso del testo.  La domanda, come l’abbiamo letta,  è: “Signore, non  saranno che poche persone a salvarsi ?”  Evidentemente,  questa domanda la si comprende in una prospettiva futura, di salvezza eterna.” Saranno in molti ad andare in cielo? ”. Ma non è questo il senso primitivo del testo.  Il testo greco di Luca, tradotto letteralmente, dice semplicemente: “Sono pochi quelli che sono salvati ? (oi sôzómenoi)? " La domanda  è al presente, e non al futuro.

Nel Vangelo di Luca “essere salvato”  vuole sempre dire: “far parte della comunità di Gesù”. Così, per esempio, negli Atti degli Apostoli, Luca dice che “il Signore aggiungeva ogni giorno alla comunità coloro che erano salvati (tous sôzoménous" (Atti 2,47). La questione fondamentale è di sapere se la salvezza è destinata ad un piccolo gruppo di privilegiati, nella fattispecie, al Popolo di Israele, o è aperta a un gran numero di persone.

Come spesso gli succede, Gesù risponde altra cosa rispetto a quello che gli viene domandato. La domanda verteva sul “quanto”; la sua risposta riguarderà il “come”.  Il senso globale della risposta è che, con il suo passaggio attraverso la morte e la resurrezione, tutto è cambiato. E’ quanto viene espresso simbolicamente con la frase: “Quando il padrone di casa si sarà alzato e avrà chiuso la porta”. Ormai Ebrei e pagani sono uguali, allo stesso livello. Il fatto di essere salvato (da ora e per l’eternità) non riposa sull’appartenenza ad una nazione privilegiata, a un gruppo o ad una istituzione.  Ma dipende dal modo in cui ciascuno vive.

La risposta di Gesù comincia con la parola : “sforzatevi”. “Fate uno sforzo per entrare dalla porta stretta”. Purtroppo, l’espressione “sforzarsi” ha perduto, nel nostro linguaggio corrente, tutta la sua forza. Si dice a qualcuno: “sforzati di arrivare in tempo”, “sforzati di capire bene”, “sforzati di essere gentile”. Ciò non implica, in generale, molto sforzo”. In realtà, l’espressione usata da Luca (agonízesthe) è molto più forte. Si potrebbe tradurre: “lottate, fate violenza su voi stessi, per forzarvi a passare attraverso la porta stretta”. Si tratta di fare violenza a se stessi, come nell’altro discorso di Gesù, che dice  che il regno dei cieli subisce violenza e solo i violenti lo conquistano.

Molti, dice Gesù, riceveranno dal Padrone di casa, cioè da lui stesso, il Risuscitato (quando “si sarà innalzato”), la risposta “non so di dove siete”. La ragione di questa dura risposta è poi esplicitata: “Allontanatevi da me, voi che praticate l’ingiustizia” (in effetti bisognerebbe tradurre, come la Bibbia di Gerusalemme e tutte le migliori traduzioni “voi che praticate l’ingiustizia”, e non, come fa il lezionario liturgico, “voi che praticate il male”. La condizione essenziale per appartenere alla comunità di Gesù è praticare l’amore e la giustizia verso il prossimo. Chiunque pratica l’ingiustizia (nel senso in cui l’avevano compresa tutti i grandi profeti di Israele), si chiama fuori dalla comunità dei credenti, e dunque si separa da Cristo. E ’ esattamente lo stesso messaggio del capitolo 25 di Matteo: “Ho avuto fame, e mi avete dato da mangiare…oppure…ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare”.

La lezione per ciascuno di noi è chiara, e può riassumersi in poche parole: “Siamo dei privilegiati. Abbiamo ricevuto il dono della fede; apparteniamo alla Chiesa; alcuni di noi appartengono ad una comunità monastica;  siamo tutti qui riuniti in una grande comunità liturgica per celebrare questa Eucaristia.  Sono tutti doni che abbiamo ricevuto,  mezzi che ci sono dati per vivere secondo il Vangelo di Gesù. Ma niente di tutto ciò ci assicura la salvezza. La condizione per essere salvati – cioè per far parte in tutta verità della “comunità di Gesù” – è di “praticare la giustizia”, cioè conformare l’insieme della nostra vita ai due comandamenti che ne formano uno solo : quello dell’amore di Dio e del prossimo.

 

Armand Veilleux

 

Omelia per la stessa domenica, nel 2001

 

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