4 aprile 1999 – Vigilia Pasquale

O M E L I A

San Benedetto, padre del monachesimo occidentale e autore della Regola che è la nostra, afferma che la prima condizione perché un novizio sia ammesso alla professione monastica, è che egli abbia mostrato di cercare veramente Dio. "Cercare Dio" è essenziale per ogni esistenza umana; ed è evidentemente questa la ragione per cui Benedetto ne ha fatto la prima condizione per essere ammessi alla professione monastica.

"Cercare Dio": una bella espressione; ma la realtà che questa espressione sottende non è facile da definire. Un esempio può essere dunque più utile di una definizione. Un esempio bellissimo lo troviamo proprio nel passo del Vangelo che abbiamo appena ascoltato.

Due donne tra quelle che avevano seguito fedelmente Gesù dalla Galilea fino in Giudea, e anche fino al Calvario, lo cercano di mattino del terzo giorno. Lo cercano nonostante le tenebre -- tenebre interiori ed esteriori – nonostante la loro tristezza e la loro paura. Sono un bellissimo esempio di ciò che significa essere veramente discepoli di Gesù.

L’angelo dice loro: "Non abbiate paura… So che voi cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui, è risuscitato… Presto, andate a dirlo ai suoi discepoli: "Egli è risuscitato dai morti; vi precede in Galilea: là lo vedrete!"

Cercare tra i morti colui che è vivo. Non è forse ciò che noi spesso facciamo, restando attenti a tutto ciò che ha potuto esservi di penoso o di negativo nella nostra vita? E non è questa la ragione per cui spesso abbiamo paura e rimaniamo come paralizzati?

Già nell’Antico Testamento possiamo trovare una lezione al riguardo. Gli ebrei ebbero certamente la loro parte di persecuzioni, di sconfitte, di fallimenti e di pene. E tuttavia, quando ogni anno, durante la celebrazione della Pasqua, commemoravano il loro passato, ciò di cui facevano memoria non erano le loro sofferenze e le loro disfatte, e neppure i loro peccati. Erano prima di tutto le meraviglie che Iddio, nel suo amore misericordioso, aveva compiuto per loro. Seguendo il loro esempio, noi questa notte abbiamo fatto la stessa cosa, ascoltando una lunga serie di letture dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Così dobbiamo fare nella nostra vita. Nella nostra vita tutti possiamo trovare – benché, evidentemente, in misura diversa - dolori, fallimenti, peccati, ingiustizie (subite o inflitte) e così via – sia nel passato di ciascuno di noi, sia in quello dei nostri cari. Possiamo scegliere di passare la maggior parte della nostra esistenza, spendendo le nostre energie ad analizzare ciò che non ha funzionato. Così facendo, cerchiamo la vita in ciò che è morto.

Ma torniamo al nostro passo evangelico. Dopo la raccomandazione di non temere e l’annuncio della Resurrezione, l’angelo assegna alle due donne la missione di andare a portare un messaggio agli altri discepoli. E il messaggio è che Gesù è risuscitato e li precede in Galilea, ed è là che lo vedranno. In Galilea i discepoli avevano vissuto la maggior parte del loro tempo con Gesù. Là erano stati testimoni delle manifestazioni della misericordia di Dio. Ed è là che avevano scoperto il Regno di Dio. Là dovevano ora tornare per continuare la loro esistenza ordinaria di pescatori e lavoratori. Ed è la, nella loro vita normale e quotidiana che Gesù voleva incontrarli di nuovo.

Tutte le apparizioni di Gesù ai suoi discepoli dopo la Resurrezione sono improntate ad una semplicità estrema. Non sottolineano la gloria di Gesù, ma piuttosto la sua presenza, e anche la qualità della sua presenza. Gesù incontra degli amici; parla con loro e mangia con loro, è attento a ciascuno, si manifesta in luoghi in cui si era trovato con loro durante la sua vita, li incontra nel contesto del loro lavoro quotidiano.

Gesù non aveva da provare nulla. Sarebbe erroneo pensare che è risuscitato per provare che aveva ragione, per provare che egli era Dio, o anche per rafforzare la fede dei suoi discepoli. A dire il vero, la resurrezione non è un miracolo eclatante avente per scopo quello di forzare la gente a credere. Al contrario, non ha veramente senso che per coloro che hanno la fede.

Anche per noi la resurrezione ha un senso profondo, perché noi abbiamo la fede – e nella misura in cui noi abbiamo la fede. Il messaggio che l’angelo ha affidato alle donne, quello di andare a dire ai discepoli che egli li precede in Galilea ed è là che lo vedranno – questo messaggio è anche per noi. E’ nella nostra Galilea che Gesù vuole incontrarci. La nostra Galilea, per ciascuno di noi qui presenti, è la nostra comunità, la nostra famiglia, il nostro luogo di lavoro.

Cerchiamo Gesù – non già tra i morti, non già in un mondo artificiale al di fuori della vita, ma nelle nostre occupazioni più ordinarie di ogni giorno. E’ là che egli ci aspetta.

Nota: L'icona dell'apparizione di Gesù a Maria Maddalena, che si vede all'inizio di questa omelia è un fresco di 1335-1350 della chiesa del Pantocrator nel monasterio di Decani nella Serbia. Che sia un appello alla preghiera per i popoli dei Balcani, tormentati dalla guerra in questi giorni.