11 aprile 1999 – 2 domenica di Pasqua "anno A"
Atti 2,42-47; 1Pietro 1,3-9; Giov. 20,19-31.

O M E L I A

Ciascuno degli Evangelisti ci ha riferito a modo suo i fatti che hanno seguito la Resurrezione di Cristo. Non bisogna in nessun modo tentare di far coincidere la loro cronologia degli eventi. In realtà gli Evangelisti non sono interessati dalla cronologia e non tentano di darci una descrizione esatta dei fatti. Piuttosto vogliono trasmetterci una visione teologica. Luca, che organizza il suo Vangelo intorno a Gerusalemme e al Tempio, distribuisce i fatti dopo la Resurrezione entro un periodo di cinquanta giorni, corrispondente alla liturgia ebraica. Giovanni, il teologo mistico dallo sguardo penetrante, concentra quasi tutti questi eventi in un solo giorno, il giorno stesso della Resurrezione.

Nella lettura degli Atti, Luca ci descrive la vita dei primi cristiani che si riuniscono per la preghiera. Ora noi troviamo lo stesso insegnamento sulla preghiera all'inizio del Vangelo di oggi. Purtroppo, la maggior parte delle traduzioni moderne (compresa la traduzione francese appena letta) ci nascondono in parte questo insegnamento. Il testo greco originale non dice che i discepoli avevano "serrato le porte del luogo in cui si trovavano, perché avevano paura dei Giudei". Il testo dice che "le porte erano chiuse" (chiuse, e non sigillate) nel luogo in cui i discepoli "si trovavano riuniti per paura dei Giudei". E’ più che probabile che Giovanni, scrivendo ciò, avesse in mente l’insegnamento di Gesù sulla preghiera: "Quando vuoi pregare, ritirati nella tua camera, chiudi la porta, e prega tuo padre nel segreto." Giovanni vuol dire che i discepoli erano in preghiera.

E quando subito dopo aggiunge "Ecco che Gesù appare là – il verbo è al presente – in mezzo a loro", certo egli ha in mente l’altra parola di Gesù: "quando due o tre sono riuniti nel mio nome," io sono – sempre il verbo è al presente - in mezzo a loro.

Gesù manifesta la sua presenza in mezzo ai suoi discepoli quando essi, seguendo la sua raccomandazione, si riuniscono nel suo nome per pregare, anche se sono pieni di paura. Questo ci insegna innanzi tutto che ogni volta che noi ci riuniamo in questa chiesa di Scourmont nel nome di Cristo, per pregare, egli è qui, in mezzo a noi, anche se possiamo portare con noi le nostre paure.

I discepoli si trovano in questo luogo "per paura dei Giudei." E’ questa una espressione che Giovanni utilizza spesso nel suo Vangelo, e sempre quando si riferisce all’incapacità di parlare del Cristo o di predicare il Vangelo. Così, per esempio, quando Gesù sale al Tempio, il giorno della festa delle Capanne, senza farsi riconoscere, perché Erode voleva ucciderlo, la gente si domandava chi egli fosse, ma nessuno osava parlare di lui in pubblico, "per paura dei Giudei". Quando Gesù guarisce il cieco nato e i Farisei interrogano i suoi genitori, costoro non vogliono rispondere, ancora "per paura dei Giudei". Lo stesso ci dice Giovanni a proposito di Giuseppe d’Arimatea, che domanda a Pilato l’autorizzazione a prendere il corpo di Gesù; ci dice che egli era discepolo di Gesù, ma lo era in segreto, sempre "per paura dei Giudei". Infine, nel Vangelo di oggi, i discepoli sono riuniti nel nome di Gesù, ma non osano parlare di lui pubblicamente, ancora una volta "per paura dei Giudei". Non hanno ancora ricevuto lo Spirito Santo, che farà di loro dei coraggiosi testimoni della sua Resurrezione.

Giovanni, nel suo Vangelo, ci presenta due persone che non hanno paura, e che possono dunque proclamare la loro fede in Gesù. La prima è Maria Maddalena. Si tratta del racconto che abbiamo ascoltato il giorno di Pasqua, e che precede immediatamente quello che abbiamo appena letto. Il mattino di Pasqua le donne vanno al sepolcro e lo trovano vuoto. Allora esse hanno paura e fuggono. Maria Maddalena è la sola che non ha paura. Resta là, presso il sepolcro. Quando gli angeli le domandano cosa stia cercando, risponde: "Hanno portato via il mio Signore (Kurios)". Questa parola è molto importante. Per Maria Maddalena Gesù non è soltanto un grande Profeta, e neppure soltanto il Messia, secondo le aspirazioni comuni di quel tempo. Egli è il Signore, il Kurios, il Figlio di Dio. Maria non ha paura, perché ha già riconosciuto Gesù come il Signore, e proprio perché non ha paura, Gesù può manifestarsi a lei. E tuttavia, quando lei si rivolge a Gesù, non lo chiama direttamente "Signore", ma maestro, rabbuni.

Tommaso è veramente il primo, nel Vangelo di Giovanni, a rivolgersi direttamente a Gesù chiamandolo "Signore". Io ho una grande simpatia e ammirazione per Tommaso. Sembra che sia stato il solo del gruppo dei discepoli a non avere paura. O almeno, era più coraggioso degli altri. Al momento in cui Gesù appare agli altri per la prima volta, Tommaso non c’è, probabilmente perché era andato a cercare qualcosa da mangiare per gli altri, che avevano troppa paura per uscire.

Quando ritorna, e gli dicono: "Abbiamo visto il Signore", la sua reazione è normale: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, se non metto il mio dito nel posto dei chiodi, se non metto la mano nel suo costato, no, non ci crederò". Egli sa quanto gli altri hanno paura, e sa anche che, quando si ha paura, si è pronti a credere a tutto, pur di rassicurarsi.

Quando Gesù, otto giorni più tardi, appare di nuovo, e gli dice: "Metti qui il tuo dito, e vedi le mie mani; stendi la tua mano e mettila nel mio costato", Tommaso fa quel bellissimo atto di fede che nessuno ha ancora fatto: "Mio Signore e mio Dio". E’ questo un vero atto di fede; non la credulità facile di un uomo che ha paura, ma la fede profonda e illuminata di un uomo coraggioso, che ha riconosciuto il suo Signore e il suo Dio. Tommaso è, nel Vangelo, il primo a rivolgersi direttamente a Gesù, utilizzando il nome di "Signore". Giovanni ce lo presenta dunque come la figura stessa del credente (e non dell’incredulo).

Fratelli e sorelle, noi siamo riuniti qui questa mattina nel nome di Cristo per pregare suo Padre. Noi sappiamo che egli è in mezzo a noi. Viene a soffiare su di noi per trasmetterci lo Spirito Santo. Ci manda in missione. Noi possiamo, certo, portarci dietro le nostre paure. Ma ora, nell’Eucaristia che celebriamo in comune, apriamoci allo Spirito e proviamo la gioia di riconoscere anche noi, sull’esempio di Tommaso, Gesù come nostro Signore; allora troveremo anche la forza di essere suoi testimoni.