25 marzo 2000 – Annunciazione del Signore
Isaia 7,10-14; Ebrei 10,4-10; Lc 1,26-38

O M E L I A

            Si potrebbe dire che il tema comune a ciascuna delle tre letture di questa Messa è quello della piena “disponibilità”. Una parola, una piccolissima parola, ricorre in ciascuna lettura: “Ecco” (in greco: idou).

            È  innanzitutto l’ “ecco” di Dio stesso, nella profezia di Isaia, che annuncia la venuta di suo figlio. Dio annuncia che verrà ad abitare in mezzo a noi, che sarà per noi un "Emmanu-El", un Dio-con-noi, e che per questo sarà concepito nel seno di una donna, che sarà partorito e che nascerà, facendosi pienamente uomo, uno di noi. Tutto il mistero della nostra redenzione comincia con questo movimento di amore di Dio, che ci dice: “ Ecco, io vi manderò un Emanuele”.

            E poi, a questa promessa del Padre, a questa disponibilità del Padre, corrisponde quella del Figlio, tale quale è descritta nel Salmo e riferita nella Lettera agli Ebrei: “tu non hai voluto sacrifici…tu mi hai fatto un corpo… allora io ho detto: ‘Ecco, io vengo per fare la tua volontà’.”

            Questo desiderio del Padre di darci suo Figlio, e questa disponibilità del Figlio a fare – come uomo, come figlio della donna – la volontà del Padre, ha potuto realizzarsi perché la donna – la donna per eccellenza, Maria  - ha detto anch’essa “Eccomi – ecco la serva del Signore; che avvenga di me secondo la tua parola”.

            La lettura della Lettera agli Ebrei mostra bene che con l’incarnazione del figlio di Dio,  “l’antico culto è soppresso” e uno nuovo è stabilito. L’antico culto era quello dei sacrifici e delle offerte, degli olocausti  e delle espiazioni. Il nuovo, è l’offerta, da parte dell’uomo e della donna, della propria volontà: “eccomi per fare la tua volontà”, dice il Cristo a suo Padre. Non è la morte di Cristo in quanto tale che ha rimpiazzato i sacrifici dell’Antico Testamento. E’ l’offerta della sua volontà, la sua obbedienza – una obbedienza che non si è smentita nemmeno quando la sua fedeltà l’ha condotto ad accettare di morire nelle mani degli empi.

            Questo cammino seguito da Gesù e Maria è quello  che si offre ad ogni Cristiano, e viene richiesto ad ogni Cristiano. Nella vita spirituale è sempre Dio che fa il primo passo. Tutto ciò che ci viene chiesto è di rispondergli, dicendo come lo stesso Figlio di Dio, e come Maria, o ancora come il giovane Samuele: “Eccomi; parla, Signore, che il tuo servo/ la tua serva ascolta”.

            E’ d’altronde così che san Benedetto concepisce tutto il cammino monastico, e lo descrive nel Prologo della sua Regola. Qui egli ci descrive Dio che cerca nella folla qualcuno che intenda la sua voce e a cui egli dice: “ Qual è l’uomo che desidera la vita…?” Il cammino monastico di ritorno al Padre sarà allora tracciato per colui che risponderà: “Eccomi”. Questo cammino sarà quello dell’obbedienza, quello del rendere conforme la nostra volontà a quella di Dio.

            Il nostro Vangelo comincia con le parole: “L’angelo Gabriele fu inviato da Dio…ad una  ragazza…chiamata Maria”, e termina con le parole: “Allora l’angelo partì da lei”. Ciò vuol dire che, nella nostra vita monastica, come nella vita spirituale in generale, vi sono dei momenti – piuttosto rari – in cui Dio ci manifesta  chiaramente la sua volontà, eventualmente  per l’intermediazione di un messaggero. Questi momenti sono abitualmente molto brevi, e più brevi sono, tanto meglio è, poiché hanno fine nel momento stesso in cui diciamo: “eccomi, sia fatta la tua volontà”. La vera unione contemplativa con Dio, l’unione delle volontà e dei cuori, comincia con questo “eccomi”. E nella misura in cui questa obbedienza è vera, fedele e costante, essa è senza tempo.

Armand VEILLEUX

(traduzione di Anna Bozzo)