16 aprile 2000 --  domenica delle Palme "B"
Is 50, 4-7; Fil 2, 6-11;  Mc 14,1-15,47

 O M E L I A

 

In ciascuno dei tre anni del ciclo liturgico leggiamo il Vangelo della Passione secondo uno dei tre Vangeli sinottici. Quest’anno è Marco che ci conduce dalla cena di Gesù a Betania, fino al Calvario, passando per l’Uitima Cena, il Getsemani, il processo e la crocifissione. Sarebbe inutile e sbagliato tentare di ricostruire il dettaglio degli avvenimenti completando un Vangelo con l’altro. Ciascuno deve essere considerato in se stesso, perché ogni Evangelista  ci consegna un messaggio che  è il suo,  ce lo consegna nella scelta  che fa degli avvenimenti e nel modo di interpretarli che gli è proprio. Marco è molto accurato nel riferire i dettagli storici concreti, e nello stesso tempo molto attento ai gesti simbolici.

In questa breve omelia vorrei concentrare la nostra attenzione su uno di questi gesti simbolici. Quello della sepoltura di Gesù, menzionata all’inizio e alla fine del racconto.Non vi è gesto più gratuito della cura prestata al corpo di una persona dopo la sua morte: Si tratta di un gesto di rispetto e nello stesso tempo di amore – di amore completamente disinteressato, perché non vi è più niente da attendersi in cambio quaggiù.

Il racconto di Marco si apre con il pranzo a Betania. Betania è il luogo dove abitavano gli amici intimi di Gesù: Marta, Maria e Lazzaro. Ma stavolta Gesù è invitato a mangiare non da loro, bensì da un altro dei suoi amici, un certo Simone detto il lebbroso, che non è menzionato altrove nel Vangelo. La donna che unge il capo di Gesù  non è chiamata per nome. Non pronuncia una sola parola. Solo il suo gesto parla; e parla così forte  che Gesù proclama: “dovunque nel mondo intero sarà proclamata la Buona Notizia, si racconterà ciò  che questa donna ha fatto in memoria di lei” – utilizzando la stessa espressione che egli utilizzerà alla Cena, dicendo di ripetere la frazione del pane “in memoria di me”.

Il gesto della donna è un puro spreco, come dicono i testimoni, cosa che Gesù non nega. La donna viene  con un profumo di alta qualità e di grande pregio, e lo porta in un vaso di alabastro. Non soltanto versa il profumo, ma rompe il vaso che lo contiene. Gesto eccessivo e di folle gratuità, che solo l’amore può spiegare e giustificare.

Perché questo spreco? Dicono coloro che hanno un po’ più di senso pratico. Perché essere cristiani, a che serve pregare? A che serve digiunare?  A che serve essere monaco? A che serve la messa domenicale? Coloro che sono tormentati dagli alti e bassi delle loro azioni in borsa si pongono continuamente questo genere di domande. A che serve? Perché questo spreco?

Questo spreco non serve a nulla , ma ha un significato profondo. Rompendo il suo vaso di alabastro e lasciando colare l’olio profumato sulla testa di Gesù, nel modo in cui i profeti dell’Antico Testamento consacravano i re, questa donna riconosce Gesù come il Messia. Gesù stesso dà a questo gesto un  significato ulteriore. Ha già dato la sua vita, e questo gesto è già la sua sepoltura. In effetti, alla fine del Vangelo, dopo la deposizione di Gesù nel sepolcro, Marco menziona laconicamente la presenza di Maria Maddalena e  dell’altra Maria, la madre di Giacomo, che guardano il luogo  in cui è stato messo il corpo. Torneranno il mattino di Pasqua con i loro aromi, ma non potranno imbalsamare il corpo di Gesù, perché egli non sarà più là. Questo gesto della donna di Betania è dunque, a guardar bene, la sepoltura di Gesù, anche prima della sua morte. E questo gesto di gratuità è messo in opposizione sia con quello di Giuda,  il quale  consegnerà Gesù per denaro,  che con  tutti i calcoli politici dei capi del popolo e così pure di Erode e Pilato.

Che l’esempio di questa donna ci insegni a compiere di questi gesti folli di disappropriazione, che non servono a nulla, ma la cui forza simbolica trasforma coloro che li compiono, come pure coloro che ne sono oggetto.

Armand VEILLEUX