Solennità della Pentecoste 2000
Atti 2,1-11; Galati 5, 16-25; Gio 15,26-27... 16,12-15

 

O M E L I A

 

    Questo breve brano evangelico che abbiamo ora letto comporta due testi nettamente distinti, tratti entrambi dai discorsi di Gesù ai suoi discepoli durante l’ultima Cena,  come ci sono riportati nel Vangelo di Giovanni. Nella prima citazione Gesù parla di un “Difensore” (Paraclètos in greco), che ci manderà quando sarà presso il Padre. Ma occorre fare bene attenzione al fatto che lo Spirito è presentato qui non come il difensore degli apostoli – o nostro – bensì come il Difensore di Gesù stesso. E’ l’avvocato che prenderà la difesa di Gesù nel Processo che lo oppone al mondo.

Questa immagine del Processo è presente un po’ dovunque nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Fin dal Paradiso Terrestre, l’uomo entra in causa contro Dio, sospettandolo di menzogna e cattiveria, come  insinua il serpente nel cuore di Eva e di Adamo: “Ciò che Dio dice non è vero; voi non morrete…” E poi, con i Grandi Profeti, il gioco è rovesciato. E’ Dio che intenta un processo al suo popolo. E ancora ci sarà  Giobbe, che vorrà fare un processo a Dio a proposito della sua sofferenza, che egli trova ingiustificata.

La lotta tra le forze del male e la Luce raggiunge il suo parossismo nel Processo in cui Gesù è condannato a morte dagli uomini. Ma il Padre riapre il processo e ne avvia la revisione risuscitando suo Figlio. Risuscitando Gesù, il Padre ha dimostrato la giustizia della sua causa e confuso i suoi avversari. I discepoli sono chiamati a testimoniare con le parole e con la vita – e anche con la morte – nella forza dello Spirito, che Gesù è risuscitato e che ha portato la Vita al mondo. E’ per questo che manda loro lo Spirito Santo, il suo avvocato, il suo “Paraclito”, che fa risaltare agli occhi del mondo la giustezza della causa di Gesù e del suo messaggio.

            Questo linguaggio immaginifico può sembrarci un po’ strano. Ma forse dimentichiamo troppo facilmente che, in virtù della nostra stessa essenza di creature, siamo al cuore di una lotta o di una tensione continua tra le forze della vita e quelle del nulla, tra le forze del bene e quelle del male. Le forze del male sono facilmente identificabili  nelle guerre e in tutte le altre forme di violenza che si dirigono contro la vita umana. Esse sono altresì identificabili nella lotta che si svolge in ciascuno di noi e di cui ci parlava San Paolo nella seconda Lettura, in cui ci diceva delle “tendenze della carne” che conducono non solo alla sregolatezza, ma anche agli odii  e ai diverbi, alla collera e al settarismo, e che si oppongono alle tendenze dello Spirito, che conducono all’amore, alla gioia, alla bontà, all’umiltà.

La seconda parte del testo evangelico di oggi ci descrive un secondo ruolo dello Spirito di Dio in noi. Questo Spirito, difensore di Gesù, è anche lo Spirito di verità, che ci conduce alla verità tutta intera. Gesù diceva ai suoi discepoli che aveva ancora molte cose da dire loro, ma  essi non potevano ancora assumerle. E’ lo stesso per noi. Lo Spirito ci rivela gradualmente, in noi stessi e nel mondo, la presenza sia delle forze del male che delle forze del bene, nella misura in cui siamo capaci di assumerle. E’ così che noi possiamo leggere continuamente gli stessi testi del Vangelo e che essi sono portatori  ogni volta di un messaggio differente, a seconda del momento in cui ci troviamo  nel nostro cammino spirituale e umano.

Lo Spirito, quando penetra in noi, ci permette non solo di comprendere, ma anche di farci comprendere. Gli Apostoli erano semplici pescatori della Galilea, senza istruzione. Allorché sono riempiti dallo Spirito, il giorno di Pentecoste, essi continuano a parlare il loro idioma di Galilea; ma gli Ebrei convenuti a Gerusalemme da tutti i luoghi della diaspora ebraica, li sentono parlare ciascuno nella sua lingua locale. Lo Spirito di Dio non annulla le differenze che ci costituiscono, ciascuno nel nostro essere e bellezza propri, ma permette piuttosto a ciascuno di trascendere le proprie differenze e di raggiungere l’altro attraverso e al di là  di queste differenze.. Gli Apostoli restano Galilei e parlano in galilaico. I Parti, i Medi, gli Elamiti…i Frigi, gli Egiziani, i Libici , i Romani, restano tutti quello che sono, ciascuno con la loro propria lingua, ed è in questa lingua propria che intendono e comprendono il messaggio degli Apostoli.

Quanti conflitti etnici sarebbero evitati; quanta arroganza religiosa o confessionale sarebbe dissipata, se il mondo di oggi  si lasciasse convincere dall’Avvocato di Gesù, e se tutti noi vivessimo meno secondo la carne e più secondo lo Spirito. Domandiamo a questo Spirito la grazia di poter proclamare, ciascuno nella  lingua che è la nostra esistenza personale quotidiana, le meraviglie di Dio.

            Armand VEILLEUX