25 dicembre 1999 – Messa di  Mezzanotte

 

O M E L I A

 

         Il problema dei « sans papiers » non è nuovo. Esisteva già al tempo della nascita di Gesù. Gli ebrei, sotto l’occupazione romana, erano dei rifugiati nel loro stesso paese. Così per rispondere ai capricci dell’occupante, Giuseppe e Maria, come tanti altri, dovettero mettersi in cammino per andare a farsi mettere in regola.

 

            Ed è proprio con una breve menzione di questo evento che l’Evangelista Luca apre il grandioso capitolo 2 del suo Vangelo, nel quale sono annunciati tutti i grandi temi di questo Vangelo. Qui non si tratta di un semplice racconto della nascita di Gesù. Luca del resto non fa parlare nessuno dei personaggi presenti, tranne gli angeli. Si tratta di una presa di posizione dottrinale. Luca, da quell’eccellente scrittore che è, sceglie sempre con accuratezza le parole. Bisogna dunque portare una grande attenzione ad ogni parola del racconto.

 

            Dapprima Luca fa arrivare Giuseppe e Maria a Bethlehem, la città di Davide. La nascita di Gesù non avviene durante il viaggio, ma a Betlemme.  “Mentre si trovavano là”. La

traduzione italiana ufficiale dice: “si compirono per lei i giorni del parto”.  Sarebbe certo possibile tradurre più letteralmente l’originale greco dicendo; "si compirono i giorni e arrivò per lei il tempo del parto". I tempi (in assoluto, non soltanto i giorni del parto) sono “compiuti”. Siamo arrivati alla fine dei tempi. “Essa mise al mondo il suo figlio primogenito.” Ancora si tratta di una traduzione troppo facile. Sarebbe preferibile tradurre il greco letteralmente e dire:” Essa mise al mondo suo figlio, (virgola!) il Primogenito, cioè il Primogenito per eccellenza, il Primogenito dell’eterno Padre, il Primogenito di una moltitudine di fratelli. C’è qui l’affermazione teologica fondamentale di Luca: questo figlio di Maria è il Figlio Primogenito e Unico dell’eterno Padre.

 

            E che farà Maria? Lei subito ce lo donerà. Nelle parole che seguono Luca annuncia già il mistero dell’Eucarestia e della Passione.  Maria depone suo figlio in una mangiatoia, offrendocelo come nutrimento, non senza averlo avvolto in fasce, come al momento della sua sepoltura, perché non vi era posto per loro nella camera al piano superiore  (in effetti la parola greca utilizzata qui, e che spesso viene tradotta con “albergo” o “stanza comune”, si ritrova soltanto un ‘altra volta nel Nuovo Testamento, ed è per designare la stanza sopraelevata in cui avrà luogo l’ultima Cena.

 

            Senza fare una esegesi più dettagliata di questo brano del Vangelo di Luca, vediamo già che non si tratta semplicemente di un racconto pieno di fascino e un po’ romantico di una nascita in una grotta in piena notte. Si tratta piuttosto di una riflessione profonda sul senso di questa nascita. Si comprende allora perché Luca faccia intervenire gli Angeli per dire ai pastori che custodiscono i loro greggi: “ vi annuncio una buona notizia, una grande gioia. Vi è nato un Salvatore. E qual è il segno che è arrivata la Salvezza? – “Troverete un bambino appena nato deposto in una mangiatoia”. E il racconto termina con il coro celeste: “Gloria a Dio e pace sulla terra agli uomini che Egli ama”.

 

            Pace agli uomini che egli ama”. La pace, è proprio quanto il profeta Isaia aveva annunciato al popolo che camminava nelle tenebre, con un linguaggio poetico di grande bellezza e di una grande forza evocatrice: “Tutti i calzari dei soldati che facevano rumore sul selciato, tutti i loro mantelli coperti di sangue… il fuoco li ha divorati.” Infatti “un bambino ci è nato, ci è stato dato un figlio”. Ogni nascita è segno di benedizione e di salvezza.

 

            Infine Paolo, da quel pensatore profondo che è, ci parla della “manifestazione della grazia di Dio” e degli effetti che deve avere in noi questa manifestazione. Per lui, non si tratta semplicemente di prepararsi alla vita futura. La grazia si è manifestata (in Gesù), dice, per insegnarci a vivere nel mondo presente – non in un mondo futuro, ma bensì nel “mondo presente” – da uomini ragionevoli, giusti e religiosi. Queste tre parole, e l’ordine in cui sono enunciate, sono molto importanti. Ciò che si richiede ad un cristiano, ad una cristiana, è prima di tutto di essere una persona “ragionevole”, che si serve ad ogni momento della ragione che Dio gli ha dato. Ad una persona che non ragiona non si può domandare nient’altro. Alla persona che ragiona Paolo domanda di essere “giusta”. Inutile cercare di essere un grande spirituale, e perfino di praticare la carità, se non si vive secondo le esigenze della giustizia. Coloro che sono ragionevoli e giusti, Paolo li invita anche ad essere religiosi, cioè a vivere in una relazione filiale nei confronti di Dio. Sarebbe illusorio pensare di poter essere “religiosi” se non si è prima giusti, e prima di tutto “ragionevoli”.

 

            Queste tre letture ci danno tutto un programma di vita. All’avvicinarsi del fatidico 2000, che suscita tant paure puerili e provoca tante follie, è bene essere invitati ad essere “ragionevoli”. All’epoca in cui la mondializzazione di un sistema economico liberale a oltranza crea tante disparità tra i fortunati e gli sfortunati del sistema, il richiamo alla giustizia è anche il benvenuto. Infine, mentre la guerra insanguina tanti paesi, è bene essere invitati alla vera “religione” che consiste nel nutrire colui che ha fame e nel vestire colui che è nudo.

 

            “Vi annuncio una grande gioia per tutto il popolo, dicevano gli angeli ai pastori. Preghiamo perché la gioia che riceviamo dalla celebrazione di questa notte si estenda a tutti coloro che ci circondano e raggiunga anche tutti coloro che ne sono privi.