22 giugno 2000 – Festa del Corpus Domini “B” –Abbazia
della Santa Croce, Whitland, UK
Exodus 24, 3-8; Hebrews 9, 11-15; Mark 14, 12...26
O M E L I A
Quello che celebriamo in questa Festa del Corpus Domini è il mistero della vita, il trionfo della vita sulla morte. Questo trionfo si è realizzato mediante due patti tra Dio e l’umanità; e ciascuno di questi due patti è stato suggellato nel sangue.
Nella creazione Dio diede all’umanità il dono
della vita, come partecipazione alla
Sua stessa natura divina. Attraverso la colpa, il primo uomo e la prima donna
procurarono la morte a se stessi e ai loro discendenti, e uno dei loro figli si
macchiò del sangue di suo fratello. Da allora Dio cercò di redimere l’umanità –
cioè di riportare l’uomo e la donna di nuovo alla vita – alla pienezza della
vita. In questo processo di redenzione, Dio per primo fece un patto con Abramo,
nostro padre nella fede, un uomo che parlava con Lui direttamente, faccia a
faccia, come ad un amico. Più tardi,
dopo la fuga dall’Egitto, Dio stipulò un’Alleanza con l’intero popolo di
Israele. La storia di questa Alleanza ci è stata raccontata nella prima
lettura. Poiché l’uomo è profondamente
violento, e pronto a far scorrere il sangue, il popolo di Israele, in questo
rituale del Patto con Dio, è chiamato a venir fuori da questa violenza,
versando il sangue di animali, invece di versare quello dei suoi fratelli.
Ed ecco che alla fine dei tempi, un nuovo
Patto viene stabilito tra Dio e l’umanità, e questo nuovo Patto è ancora
suggellato nel sangue, dal momento che il sangue è la più fondamentale
espressione di vita. Ma non è, questo nuovo Patto, sancito con un sacrificio
simbolico, e neppure nel sangue di animali presentati come offerte. È sancito
nel sangue del Figlio di Dio.
La morte di Gesù non è stata un sacrificio
rituale. È stato un assassinio, come lo fu quello di Abele. Quando Caino uccise
Abele, violenza e morte cominciarono a prevalere nella storia dell’umanità. Ma
quando fu ucciso Gesù e il suo sangue fu versato, il suo corpo e il suo sangue
divennero fonte di vita per tutti coloro che hanno creduto in lui.
Questa connessione tra la vita che è data
come cibo nell’Eucaristia e la morte di Gesù, è espressa con precisione
nell’ultima frase del Vangelo di oggi. Gesù e i suoi discepoli stanno uscendo dal Cenacolo per andare al
monte degli Ulivi. Con la sua morte Gesù realizza ciò per cui era venuto. Era
stato mandato dal padre, ed era nato perché noi potessimo avere la vita, e
averla in abbondanza. E’ quanto ci ha procurato attraverso la sua morte.
La descrizione dell’ultima cena in Marco
colpisce la nostra attenzione. Quel momento era stato preparato fin dalla
nascita di Gesù. Si tratta di uno di quei passi in cui nel Nuovo Testamento si
vuole esprimere qualcosa mediante un certo uso del vocabolario. (Vi chiedo di
seguirmi in questo breve percorso esegetico). Nei primi capitoli del suo
Vangelo Luca ci descrive Maria intenta
ad offrirci suo Figlio come cibo: infatti lo depone in una mangiatoia, e per di
più avvolto in fasce, come si fa generalmente con un corpo morto. Luca dice che
Maria lo ha fatto perché non c’era
posto per loro nell’ “albergo”. Ora, il termine qui usato da Luca e quello che
le traduzioni del Nuovo Testamento generalmente traducono con “albergo” o
“ospizio” è una rara parola greca (katalyma), che è usata soltanto
un’altra volta nel Nuovo Testamento. E’
usata (sia in Luca che in Marco) per indicare la stanza dove Gesù celebra la Pasqua con i suoi
discepoli. Nel Vangelo di oggi Gesù dice ai suoi discepoli di domandare all’uomo
che incontreranno in città: “Dov’è una stanza per ricevermi, la mia kataluma.
All’inizio non c’era posto, perché il tempo non era ancora venuto… Ora c’è
posto per Gesù e per i suoi discepoli in quella casa ospitale. E proprio quando
per lui è giunto il momento di morire. Ed è nel farsi lui stesso
volontariamente vittima della violenza degli uomini, che Egli libererà tutti
noi dalla violenza che ci è propria.
Quando celebriamo l’Eucaristia, noi non
commemoriamo soltanto l’Ultima Cena. Noi partecipiamo della vita che è stata
data a noi da Gesù attraverso la sua morte e la sua Resurrezione.
Armand VEILLEUX
(traduzione
di Anna Bozzo)