26 novembre 2000 - Festa di Cristo, Re dell'Universo, anno "B"
Dn 7, 13-14; Ap 1, 5-8; Jn 18, 33-37


O M E L I A


"Chiunque appartiene alla verità ascolta la mia voce".

Questa frase  finale  del testo ora letto riassume tutto l’insegnamento di Giovanni sulla Verità.  Troppo facilmente ci sforziamo di acquisire la verità e soprattutto pretendiamo di possedere la verità. Ora, nessuno possiede la verità. Ciò che importa, è , al contrario, di lasciarsi possedere da essa. Il Padre si è raccontato interamente nel Figlio. Egli  è la Verità, e il Padre ha consegnato tutto nelle sue mani. Se noi siamo posseduti da Lui, siamo incessantemente all’ascolto della sua voce e la sua Parola ci abita e ci trasforma.

Pretendere di possedere la verità, è voler rovesciare i ruoli. E’ sostituirsi a Dio. E’ rifiutare la propria condizione di creatura; e le conseguenze sono sempre funeste. Quando due persone, o tutta una comunità si mettono insieme all’ascolto della verità, una unione profonda si crea tra loro. Quando invece pretendiamo di possedere la verità e vogliamo imporla agli altri, spezziamo l’unità che già esiste.  Sicuramente ci è molto facile constatarlo negli avvenimenti della nostra vita quotidiana. Possiamo constatarlo in maniera ancora più eclatante nei conflitti che affliggono  l’umanità nel nostro presente e che fanno tante vittime innocenti.. Quando una nazione pretende di avere la verità e il diritto, opera distruzioni, qualunque sia la sua forza o la sua debolezza.

All’epoca di Gesù la situazione politica di  Israele era molto complessa. Il popolo di Israele era politicamente sottomesso al potere romano, di  cui Pilato era il rappresentante. Attendeva sempre un Messia, che avrebbe ristabilito il regno terrestre di David e avrebbe cacciato l’oppressore padano. Se Gesù si fosse presentato come questo Messia atteso, il popolo, e probabilmente anche i capi religiosi, lo avrebbero  seguito. Ma egli annunciava il “Regno di Dio”, un regno di tutt’altra natura. Così, i capi del popolo, che erano terribilmente pericolosi, tanto più in quanto credevano di possedere la verità, lo consegnarono al potere pagano, utilizzando per farlo condannare l’argomento perverso che egli aveva voluto opporsi a Cesare dichiarandosi il re dei Giudei.

L’incontro tra Pilato e Gesù è raccontato da Giovanni con una finezza squisita. Noi siamo in presenza  di due uomini,  diametralmente diversi l’uno dall’altro. Uno detiene il potere, ma sente che la sua autorità è continuamente minacciata.. L’altro è privo di potere, ma parla con autorità. Pilato è un uomo angosciato, inquieto, che ha tutto da perdere, e ha paura di perderlo. E rivela proprio questa inquietudine nella sua domanda “Sei tu il re dei Giudei?” Non dice “re di Israele”, cosa che per lui non vorrebbe dire niente.  Dice: “re dei Giudei”, il che significa un oppositore che potrebbe rovesciarlo.  Vuole sapere perché glielo hanno consegnato: “Che cosa hai fatto?”, domanda a Gesù, per vedere se questo costituisce un reale pericolo per il suo potere. E in ogni caso è “professionale” nella sua inchiesta! Gesù è, al  contrario, un uomo libero – un uomo libero, perché non ha niente da perdere, perché ha già perduto tutto, o, più precisamente, ha dato tutto. La sua risposta tranquilla e misteriosa, innervosisce Pilato, che gli dice, spazientito: “Ma allora, tu sei re?” Sempre così impassibile,  Gesù risponde: “sei tu a dirlo…”

Si vede fino a che punto la vita e la morte di Cristo  sono state intrecciate nella storia umana, la quale,  per via della natura sociale dell’uomo,  è una storia politica. Stessa cosa è accaduta d’altronde per la maggior parte dei martiri lungo la storia. Sono morti perché la verità che li possedeva disturbava della gente che credeva di possedere la verità.

Il regno di Cristo su tutto l’universo (oggetto della festa odierna) resta un fine che sarà pienamente raggiunto soltanto alla Parusia, così come la intravede Giovanni nella sua Apocalisse.  Di qui ad allora è richiesta una profonda conversione delle strutture della società, e così pure di ciascuno dei nostri cuori. In questa fine dell’Anno Giubilare, impegnamoci ancora una volta, ciascuno secondo la nostra propria vocazione, in questo impegno di sottomissione alla Verità che ci renderà liberi.

Armand VEILLEUX