12 novembre 2000 -XXXII domenica "B"

OMELIA

Cari fratelli e sorelle,

Ogni anno commemoriamo nelle nostre celebrazioni liturgiche il ciclo dei principali eventi della vita del Salvatore Gesù e leggiamo il suo insegnamento nel Vangelo, seguendo un ciclo di 52 domeniche, che viene chiamato anno liturgico, e che comincia con la prima domenica di Avvento. Siamo dunque molto vicini alla fine di questo ciclo, e le letture delle ultime domeniche dell'anno ci parleranno della fine dei tempi. Una delle caratteristiche di questa fine dei tempi, secondo il Vangelo, sarà il rovesciamento delle situazioni: coloro che non avranno avuto privilegi e saranno stati oppressi in questa vita saranno nella gioia, e i privilegiati di questo mondo che avranno vissuto senza compassione per i meno fortunati saranno nel dolore. E' il contesto in cui bisogna intendere il Vangelo di questa mattina.

Vi si trova un contrasto tra ricchi e poveri: i ricchi rappresentati dagli scribi, e i poveri rappresentati dalla vedova che depone la sua monetina d'argento nel Tesoro del Tempio.

I turisti ben pasciuti che viaggiano nei paesi del terzo mondo hanno spesso l'occasione di dare degli spiccioli ai poveri, soprattutto ai bambini poveri che corrono loro dietro. E' un gesto certamente raccomandabile.

Nello stesso tempo ho sempre trovato che vi è qualcosa di anomalo in questa situazione. La vedova del Vangelo al contrario - come pure quella della prima lettura, che dà da mangiare al profeta Elia - sono delle povere donne che danno ai poveri. Danno di ciò che per loro è l'essenziale, e non del loro superfluo.

Questo ci insegna qualcosa di molto bello su Dio. Se Dio fosse un ricco che dà di quello che ha in abbondanza, sarebbe meglio rappresentato dagli scribi del Vangelo, piuttosto che dalla vedova che depone il suo obolo. Ma non si può forse dire che Dio ci dà non della sua ricchezza, ma della sua povertà? Si, perché Dio si è rivelato in Gesù Cristo, che si è fatto povero con noi e per noi. In Gesù di Nazareth Dio non ci è apparso come un ricco turista che lancia monetine a dei bambini poveri, ma, ma come un povero che condivide con noi la sua vita.

Se il Vangelo non fosse che una condanna dei ricchi, noi potremmo sentirci a nostro agio, perché noi per la maggior parte possiamo considerarci, se non come poveri, almeno non proprio come dei ricchi. E dunque le parole dure, (o almeno esigenti) del Vangelo nei confronti dei ricchi, non sono per noi. Ma non è lì il vero messaggio: il messaggio di Gesù è che egli attende che noi doniamo non tanto di quello che abbiamo (poco o molto), ma di quello che siamo, della nostra stessa vita; attende che noi viviamo al servizio di coloro che ci circondano o che si trovano sul nostro cammino.

E credo che questo ci aiuti a comprendere il senso dei ministeri nella Chiesa di Dio. Coloro che sono ordinati preti, o sono ordinati ad altri ministeri, non ricevono una sorta di banca di ricchezze spirituali da distribuire come ricchi turisti a bambini poveri, ma sono invitati a dare se stessi nella loro povertà personale come nella loro ricchezza, affinché i doni che Dio ha posto in tutti e in ciascuno possano manifestarsi e crescere.

Uno degli aspetti meravigliosi di ogni ministero spirituale, è la possibilità di poter trasmettere spesso ciò che noi non possediamo. Un passo del "Diario di un parroco di campagna" di Bernanos mi ha sempre colpito: questo parroco di campagna deve assistere sul suo letto di morte una gran dama, una contessa che era in una situazione di grande sofferenza e angoscia. Lui stesso, in quel momento della sua vita attraversava una grave crisi interiore e nessuno lo sapeva. Per via del suo ministero, ridà serenità alla signora, che muore in una grande pace. Più tardi egli annoterà nel suo diario: " 'Siate in pace' le avevo detto. E lei aveva ricevuto questa pace in ginocchio. Sono io che gliela ho data. Quale meraviglia, che si possa in questo modo fare dono di ciò che non si possiede, o dolce miracolo delle nostre mani vuote!"

Evidentemente tutto ciò è ancora meglio espresso dalla lettera agli Ebrei che abbiamo letto poco fa. Gesù non è entrato nel santuario con dei sacrifici materiali, ma con il suo proprio sangue. Il che vuol dire che non ci ha dato delle "cose"; si è dato Lui stesso a noi. Ci ha dato il suo essere, la sua vita. Si è donato a noi come nutrimento di vita.

Domandiamogli di scoprire come, dal fondo della nostra povertà, noi possiamo aiutare gli altri a scoprire le loro ricchezze, condividendo con loro anche quello che non abbiamo.

Armand VEILLEUX