14 ottobre 2000 – XXVIII Domenica "B"

Sp 7,7-11; Eb 4,12-13; Mc 10,17-30

 

O M E L I A

 

In questo vivacissimo racconto l’evangelista Marco si rivela al meglio delle sue possibilità.  Ci viene proposto uno studio di carattere e nello stesso tempo assistiamo ad una lezione spirituale. Non saprei in quale categoria la caratteriologia collocherebbe il giovane ricco di questo vangelo, e nemmeno saprei dire quale sarebbe il suo posto nel relativo diagramma.  Quel che è certo, è che si tratta di un estroverso, che sembra rendere Gesù più sobrio e riservato che mai. (Forse che non constatiamo facilmente che, quando un estroverso, con ogni sorta di manifestazioni,  interpella una persona sobria e riservata per natura, questa diviene ancora più sobria e riservata?).

Quest’uomo si presenta dunque a Gesù in modo un po’ chiassoso, dicendo: “Buongiorno, Maestro buono,  che devo fare per avere in eredità la vita eterna?” Gesù raffredda il suo entusiasmo, dicendogli: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo.”  Gesù dunque vuole far intendere che la sua risposta non sarà quella di una scuola o di un rabbino. Sarà un comandamento divino, che esige azione, più che discussione. E gli ricorda la parte centrale della Legge: “Conosci i comandamenti: non uccidere, non commettere adulterio…ecc.” L’uomo risponde ancora con lo stesso entusiasmo che è proprio questo che fa fin dalla giovinezza, e aggiunge quella che probabilmente per lui era una domanda retorica: “Che altro devo fare?”- Gesù è senza dubbio un po’ infastidito da questo entusiasmo dirompente, sapendo che un tale entusiasmo è un po’ troppo esuberante per essere veramente radicato in profondità. Ma poiché il giovane è, malgrado tutto, sincero, e poiché Gesù prende sempre sul serio le persone sincere, Gesù lo ama. E gli dice che in effetti deve fare qualcosa di più: e lo chiama a seguirlo.

Siamo al primo livello del testo, con questa che è la parte essenziale del racconto. Il tema è: seguire Cristo diventando suoi discepoli. Marco ha aggiunto a questo racconto parecchi altri elementi tratti da altri eventi della vita di Gesù. Vi è prima di tutto la riflessione dei discepoli  sulla difficoltà a essere salvati, e la risposta di Gesù a proposito delle relazioni tra ricchezza e salvezza, poi un altro racconto sulla sequela del Cristo.

Per capire bene tutta la portata del racconto, bisogna notare che a questo punto della vita del Cristo, egli incontra sempre più incredulità, e perfino opposizione, da parte degli Ebrei,  ed è in cammino verso Gerusalemme, dove sarà crocifisso, come ha già annunciato più volte. Dobbiamo dunque prendere in considerazione questo, se vogliamo comprendere  tutta la portata dell’invito che Gesù fa al giovane che gli poneva una domanda sulla vita eterna: “Vieni e seguimi!”

Il giovane dimostra che le sue domande non erano nulla più che una messa in scena. Messo di fronte alle esigenze della fede, ammette di non poterle assumere. Quando è chiamato a passare dalle questioni legali ed etiche all’incontro e alla sequela di Cristo, fa marcia indietro. In definitiva, credere ed essere salvati significa seguire strettamente e di persona la persona di Gesù, anche quando costui cammina dritto verso la morte.

La lezione del primo livello del testo è che la salvezza è un puro dono di Dio. Sia il giovane che si avvicina a Gesù, sia i discepoli alla fine del racconto, domandano: “Chi può salvarsi?” Gesù risponde loro che ciò è impossibile agli uomini, siano essi ricchi o poveri. Coloro che sono salvati sono coloro che Dio salva. Agli uomini questo è impossibile, mentre è possibile a Dio. E’ Lui che offre in dono la salvezza a chi la desidera.

A questo tema ne è collegato un altro – un tema molto caro a Gesù – quello dell’impossibilità di unirsi a Lui senza staccarsi da tutto il resto. Il giovane del nostro Vangelo non poteva aderire a Gesù perché aveva grandi ricchezze e non sapeva risolversi a staccarsene per seguirlo.

La lezione del secondo livello del testo è altrettanto importante della prima. Quando Gesù, in cammino verso Gerusalemme, dice  al giovane che vuole farsi suo discepolo: “Vieni e seguimi”, lo invita a condividere il suo mistero pasquale. Ma ciò presuppone la rinuncia ad ogni legame. Agli altri discepoli, un po’ prima, aveva detto espressamente: niente oro, argento o rame nelle vostre cinture; niente sacco per il viaggio, niente seconda tunica, né sandali, né bastone.

Abbiamo letto la storia della chiamata concreta che Gesù fa ad un uomo in particolare. Gesù ci chiama costantemente, chiama ciascuno di noi per nome. Ciascuno deve scoprire qual è la sua propria chiamata. Ma poiché siamo tutti chiamati alla salvezza, siamo tutti chiamati anche ad arrivare, in un modo o nell’altro, a un autentico distacco da noi stessi.

 

Armand VEILLEUX