6 febbraio 2000 -- V domenica "B"

Giob 7,1...7; 1 Cor 9,16...23; Mc 1,29-39

 

O M E L I A

 

            Nel Vangelo di domenica scorsa, Marco, all’inizio del suo vangelo annunciava due degli aspetti importanti dell’attività di Gesù: le guarigioni e la predicazione della Buona Notizia. Oggi li menziona di nuovo, ma aggiunge un’altra componente della vita di Gesù: le sue lunghe ore di preghiera. Non si tratta tuttavia di un semplice elemento tra gli altri. Questo elemento appare legato intimamente agli altri due: nel corso di queste lunghe ore di preghiera – anzi, di lunghi giorni e notti – Gesù scopre la sua missione personale.

 

Ritorniamo un po’ indietro nel tempo. L’arresto di Giovanni Battista fu una svolta nella vita di Gesù. Dopo quaranta giorni e quaranta notti di preghiera nel deserto, Gesù prese una importante decisione.  Giovanni era stato in un certo modo un rabbi tradizionale, presso il quale vivevano dei discepoli che erano venuti per essere formati da lui. Gesù rinuncia a questo stile. Non aspetterà che i discepoli vengano da lui; andrà lui stesso incontro alla folla: E quando chiamerà dei discepoli, sarà per mandarli in missione.

 

                Prende anche la decisione importante di ritornare nella sua Galilea lontana e poco sviluppata, piuttosto che di restare nella fiorente Giudea. La sua prima giornata di predicazione  e di guarigioni, come abbiamo visto domenica scorsa, è stata un gran successo. La gente si meravigliava di questo giovane del posto che, appena tornato da una breve assenza, ora si comporta come un profeta e parla con autorità, sia agli uomini che ai demoni.  In casa di Pietro, guarisce la suocera di quest’ultimo, e la sera , dopo il riposo del shabbat, tutta la città si mette a portargli i suoi malati, e lui compie numerose guarigioni.

 

            Come inizio, è quasi troppo bello! Gesù prende allora un’altra decisione importante , concernente la natura del suo ministero. Resterà a Cafarnao, la grande città della Galilea, oppure andrà per piccoli villaggi e borgate per occuparsi della gente semplice e povera che vive lì?  Come arriva a prendere una tale decisione? –Passando una notte di preghiera in solitudine. Quando Pietro viene a cercarlo il mattino seguente, la sua decisione è presa.

 

            Ciò la dice lunga sul modo in cui Dio vuole che prendiamo le nostre decisioni. E prima di tutto si aspetta che siamo noi a prenderle. A volte non abbiamo il coraggio di farlo e aspettiamo che Dio le prenda al posto nostro.  Possiamo metterci a pregare con insistenza, chiedendo a Dio di dirci che cosa dobbiamo fare. Possiamo anche chiedergli di darci dei segni, o addirittura possiamo cominciare a vedere dei segni in ciò che le persone intorno a noi considerano come eventi ordinari della vita. E’ un atteggiamento molto ambiguo. Questa può facilmente essere una maniera di fare confermare da Dio le nostre attese o le nostre paure inconsce. Ciò che Dio vuole che facciamo, è che noi prendiamo delle decisioni intelligenti  e razionali, tenendo conto di tutti gli aspetti della realtà in noi e attorno a noi. Ma ciò non è possibile  se non abbiamo raggiunto un sufficiente livello di libertà.

 

            Nella nostra vita quotidiana e nel fuoco delle nostre attività, siamo condizionati da molte cose. In modo speciale siamo condizionati da ciò che le persone intorno a noi si aspettano da noi – e che non è sempre ciò che di meglio abbiamo loro da offrire. Anche Gesù ha dovuto fare una scelta, a riguardo di ciò che il popolo attendeva da lui. La gente aspetta spesso da noi, monaci, ogni sorta di cose e di servizi che non sono quelli che noi, in quanto monaci, abbiamo da offrire. I tempi di preghiera, come quelli che Gesù passava sulla montagna di notte, sono momenti in cui entriamo nell’intimo del nostro cuore e in cui, essendo a contatto con il nostro essere profondo, siamo anche in contatto con Dio, che è il creatore e la fonte del nostro essere, e possiamo allora essere onesti con noi stessi come con Lui. Cominciamo allora a vedere tutto nella nostra vita, a partire dalla Sua prospettiva. E’ allora che possiamo prendere le decisioni importanti. Queste saranno interamente nostre, ma nello stesso tempo saranno un atto di obbedienza radicale a Dio, perché saranno una risposta alla realtà integrale che è in noi e intorno a noi, percepita a partire dalla prospettiva di Dio e vista, in qualche sorta, attraverso gli occhi di Dio. E’ ciò che Paolo chiama l’obbedienza della fede, e ciò che Giovanni chiama la Comunione (Koinonia) con il Padre. Questa obbedienza non consiste nel considerare un atto che ci è stato comandato, ma semplicemente nel condividere lo stesso volere. Non si tratta tanto di fare ciò che Dio vuole, ma di piuttosto di volere ciò che Egli vuole. Questo non può realizzarsi se non attraverso un incontro personale nella comunione della preghiera contemplativa.

 

            Che questa Eucaristia  possa essere uno di questi momenti in cui, liberati provvisoriamente da molte cose che ci rendono schiavi di noi stessi, degli altri, delle nostre passioni e delle nostre ambizioni, noi possiamo prendere una decisione, almeno una, che renda il resto della nostra vita più conforme al piano di Dio su di noi e su tutta l’umanità.

 

Armand VEILLEUX