Prefazione
Il carisma di alcune persone umili e riservate consiste spesso nel saper discernere
la grandezza di altre persone di cui possono riconoscere il valore senza
sentirsi per questo meno sicure e nel saper poi creare fra queste persone delle
reti di contatti spirituali. Dom Norbert
Sauvage è stato uno di questi uomini che sanno
riconoscere la grandezza degli altri.
Norbert Sauvage
fu eletto abate di Scourmont all’età di 25 anni, non perché avesse dimostrato
un particolare talento di leader, ma perché era un uomo di preghiera e un
amante di Dio. Cosciente della sua mancanza di preparazione e profondamente
umile, egli seppe discernere rapidamente nella persona di un giovane monaco,
che egli aveva accolto come novizio, colui che avrebbe potuto vantaggiosamente
sostituirlo. Diede infatti le dimissioni nel 1913 per permettere alla comunità
di eleggere un abate che avrebbe segnato il destino non soltanto di Scourmont,
ma di tutto l’Ordine Cistercense, Dom Anselme Le Bail.
Diventato Procuratore Generale dell’Ordine a Roma, Dom
Norbert seppe riconoscere nella piccola comunità
delle monache di Grottaferrata, i cui inizi erano stati molto problematici, quello che più tardi
l’avrebbe resa una comunità fiorente. Si sforzò di aiutare la crescita di
questa nuova pianta, dedicandole molto tempo e molta saggezza.
Le circostanze lo avevano reso inoltre direttore spirituale di una comunità
delle Piccole Sorelle dell’Assunzione a Roma. Era stato infine capace, quando
era andato a Laval nel 1913 per presentare le dimissioni all’Abate Generale, di
discernere non solo la qualità della comunità, ma anche i talenti di
discernimento e la capacità di formatrice della badessa, Madre Lutgarde Hémery, che fu badessa
di Laval dal 1900 al 1944.
Quando la comunità delle Piccole Sorelle dell’Assunzione ricevette
un’aspirante di una qualità umana eccezionale, che si chiamava Maria Elena Gullini, le superiore consultarono Dom
Norbert. Egli scorse subito in questa ragazza, molto
bella fisicamente e moralmente, un’anima contemplativa. Avrebbe potuto
spingerla ad entrare subito nella comunità di Grottaferrata che aveva molto
bisogno di una recluta come lei, ma si rese conto che questa recluta era di una
qualità tale da esigere una formazione che, in quel momento, Grottaferrata non
era in grado di darle. La mandò à Laval.
Nel frattempo si presentò a Grottaferrata un’altra persona che aveva
percorso un itinerario eccezionale. Maria Ida Fontana era una donna di quasi
cinquant’anni, che aveva vissuto a lungo fra le Suore Francescane d’Egitto,
divenendo Assistente Generale della sua Congregazione. Aveva vestito l’abito
monastico a Grottaferrata, prendendo il nome di suor Tecla, ma al termine del
noviziato non era stata ammessa alla professione. Dom
Norbert, che l’aveva accompagnata durante il periodo
di formazione, la mandò a Chimay, comunità che aveva come maestro spirituale Dom Anselme Le Bail, divenuto suo successore a Scourmont.
Alcuni anni dopo Suor Pia, che era ritornata a Grottaferrata, fu raggiunta
da Suor Tecla: queste due donne avrebbero in seguito segnato profondamente la
comunità mediante la loro saggezza e la loro santità. Nel frattempo era stata
tessuta un’altra rete, sovrapposta alla prima :
un’altra donna dal percorso eccezionale, Henriette Ferrary,
aveva conosciuto madre Pia, visitandola a Grottaferrata. Fu proprio lei, che
era amica di Don Couturier, il promotore dell’Ottava di preghiera per l’Unità
dei cristiani, che lo mise in contatto con Madre Pia. Avvenne quindi che Don
Couturier fece giungere a Grottaferrata una copia di un opuscolo in cui
presentava l’Ottava di preghiera. Madre Pia lo lesse in capitolo alla comunità
nel gennaio del 1937.
Qualche anno prima era entrata a Grottaferrata una ragazza dal carattere
molto deciso, proveniente da un paese della Sardegna: si chiamava Gabriella Sagheddu. Madre Pia scorse subito in lei una persona dalle
qualità eccezionali. L’ingresso di Gabriella nella vita monastica e nel
movimento di preghiera e di sacrificio per l’Unità dei cristiani fu folgorante.
Dopo il dono della vita fatto da Suor Gabriella e accettato dal Signore, la
rete dei contatti si allargò con una rapidità fulminea. L’umile comunità di
monache trappiste divenne un centro in cui improvvisamente
convergevano i grandi attori dell’ecumenismo nascente.
Pia e Gabriella offrirono entrambe la vita per l’Unità dei cristiani. Il
Signore accettò il dono dell’una e dell’altra, ma in maniera differente. Il
sacrificio di Gabriella fu breve e rapido; quello di Pia si prolungò durante
molti anni. Ben presto ella si trovò avviluppata in una rete di incomprensioni, sia da
parte di alcune sorelle, come da parte
di certe autorità della Chiesa romana e del suo Ordine.
Dovette dare le dimissioni come badessa, fu rieletta tornando ad essere alla
testa della sua comunità e dovette poi dare le dimissioni una seconda volta. Partita
in esilio in un’abbazia svizzera, fu richiamata ancora una volta per riprendere
la guida della comunità, ma morì a Roma prima di aver potuto raggiungere il monastero
di Vitorchiano, dove si era trasferita la comunità di Grottaferrata. Visse
tutte queste prove con una grande serenità e un dono di sé che rivelava una
eccezionale grandezza d’animo.
Gli avvenimenti che condussero i Superiori dell’Ordine a forzare Madre Pia a
chiedere per due volte le dimissioni sono penosi, ma si capiscono nel contesto
dell’epoca. In quel tempo le strutture dell’Ordine davano al Padre Immediato
dei poteri esagerati. Questi poteri furono utilizzati dal Padre Immediato di
allora con un’indubbia mancanza di saggezza e di discernimento, ma senza
animosità personale, cercando quello che pensava fosse il bene della comunità.
Dobbiamo riconoscenza a Madre Augusta Tescari per aver raccontato questi fatti
senza dissimulare nulla, ma con tutta la serenità che permette adesso la
distanza degli anni.
Se posso terminare con una nota personale, dirò che sono stato
indirettamente preso nelle stesse reti. Sono stato iniziato al movimento
ecumenico durante il mio noviziato dal mio Padre Maestro, che aveva avuto una
corrispondenza personale con Don Couturier all’epoca degli inizi dell’Ottava di
preghiera per l’Unità dei cristiani. Quando sono diventato abate di Scourmont
sono stato affascinato, studiando la storia della comunità, dalla persona di Dom Norbert Sauvage,
come anche da quella, più brillante, di Dom Anselme Le Bail.
Scoprendo Dom Norbert
ho scoperto Madre Pia, che mi ha molto colpito, tanto più che avevo intrecciato
stretti legami con la comunità di Vitorchiano, prima nel corso dei miei anni di
studio a Roma durante il Concilio, poi come Padre Immediato della fondazione di
Vitorchiano in Venezuela, e anche attraverso delle visite, a titoli diversi,
nella maggior parte delle numerose fondazioni di Vitorchiano.
Le funzioni di Postulatore per le Cause dei Santi dell’Ordine, che avevo
svolto durante alcuni anni, mi avevano condotto anche a Dorgali, in Sardegna,
paese di nascita di Gabriella. Da ultimo, come abate di Scourmont, sono diventato
Padre Immediato del monastero di Caldey. Prima di
essere una fondazione cistercense Caldey era stato sede
di una comunità monastica anglicana, che in seguito si era trasferita a Nashdom. Attraverso Dom Benedict Ley, Padre Maestro di Nashdom, questa comunità aveva stabilito stretti legami con
quella di Grottaferrata negli anni che seguirono la morte di Suor Gabriella.
E mi ricordo anche che gli scritti di un altro monaco di Nashdom, Gregory Dix, avevano
avuto un ruolo importante nella mia propria formazione liturgica. Anch’io,
dunque, sono stato come “catturato” in quest’insieme di reti che non hanno
cessato di sovrapporsi.
Soltanto Suor Gabriella è stata beatificata, ma l’anima di tutte queste
reti è stata e rimane Madre Pia. Non è essenziale che sia beatificata a sua
volta, anche se lo meriterebbe senz’altro. In ogni caso è importante che sia
stata scritta la sua vita, perché questa biografia mostra come Dio, in quell’epoca,
agiva in maniera ammirevole attraverso una rete impressionante di persone umili
e aperte allo Spirito. Beati i puri di
cuore, essi vedono Dio.
Armand Veilleux, abate
di Scourmont,
20 agosto
2015