12 giugno 1994                                                   11ª Dom. "B"

                                        O M E L I A

          Le due parabole del brano che abbiamo appena letto -- quella del seme e quella del granellino di sènapa -- fanno parte di un gruppo di quattro, le due altre essendo quella del seminatore (all'inizio di questo capitolo di Marco), e quella del lievito (Matteo 13:33).  Queste quattro parabole riguardano la stessa realità: cioè il fallimento incontrato da Gesù nella sua predicazione -- o, al meno, la lentezza con la quale si manifestavano i resultati della sua predica.

          Nella storia del seme, o del agricoltore paziente, il Regno di Dio è paragonato alla lenta crescita del seme fino al tempo della mietitura. Nello stesso tempo è paragonato all'inattività prolungata dell'agricoltore prima del suo lavoro febbrile durante la mietitura.  Dio è l'agricoltore che sarà attivo al tempo della messe, però che sembra non agire durante il tempo del ministero di Gesù.  Lo lascia isolato, senza successo, sempre più rigettato dai suoi.  I Giudei sfidavano Gesù, se era veramente il Messia, di far vedere i segni che annunzierebbero il Regno.  La sua risposta era che non c'erano questi segni.  Dio permette al seme di crescere lentamente. Non c'è niente da perdere nell'aspettare, perché c'è continuità fra i dolori del tempo della crescita del Regno di Dio e la sua manifestazione in pienezza.

          Poi, la parabola del granellino di sènapa nutre la fiducia in Dio, sottolineando il contrasto fra gli inizi umili del Regno e le dimensioni del suo futuro escatologico.   Con questa parabola Gesù certamente voleva dare una risposta a coloro che opponevano la debolezza dei mezzi che egli usava con la gloria del Regno aspettato.

          Con queste parabole Gesù ci chiamo una volta ancora alla pazienza:  pazienza con noi, con i nostri fratelli, con lo sviluppo lento del regno e con la nostra propria lenta crescita.  E ci rammenta che gli incidenti e i fallimenti, le ferite e la guarigione, fanno tutte parte di questo processo e gli conferiscono la sua bellezza.  Fanno parte della nostra bellezza creata, della nostra bellezza come creature.  Questo, per noi, è difficile da accettare: accettare di non essere perfetti; accettare che niente intorno a noi è perfetto; accettare che tutta la nostra vita sia un pellegrinaggio dalla nostra miseria ad uno sviluppo perfetto riservato per il tempo della mietitura.

          L'armonia perfetta non è una dimensione della creazione, e dunque non è una dimensione dell'esistenza umana... anche dell'esistenza umana redenta.  La descrizione grandiosa della creazione nel libro della Genesi non ci mostra un mondo che esce dalle mani del creatore in una situazione di perfetta armonia.  Sembra al contrario che, al comando della Parola di Dio, tutti gli elementi scoppino nell'esistenza: acqua, terra, sole, luna, animali, esseri umani.  Comincia allora il loro lungo camino verso l'armonia, verso la perfezione realizzata: un processo che condurrà alla beatitudine escatologica, però attraverso suoni stridenti, incidenti, fallimenti e -- sopratutto -- aspettazione silenziosa e paziente.  Questo è precisamente la bellezza del nostro mondo creato.

          Nel vangelo di oggi Gesù stabilisce la nostra speranza nella certezza del giorno della mietitura; però ci invita anche ad accettare con pazienza il periodo di attesa.  In questa Eucaristia chiediamo gli queste due cose: speranza e pazienza.

 

 

 

 

 

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