5 janvier 2003 – Epifania del Signore
Is 60,1-6 ; Ef 3,2-3a.5-6 ;
Mt 2,1-12
Omelia
Le parabole del Vangelo,
tutti ne converranno, non erano dei racconti storici, ma delle storie costruite
o inventate per trasmettere un insegnamento. Era una tecnica comunemente utilizzata
nell’antichità, e specialmente ai tempi di Gesù. Allo stesso modo gli Evangelisti
costruiscono spesso dei racconti per trasmettere un insegnamento spirituale
e teologico. Questi racconti sono « veri », ma la loro verità risiede
nel messaggio che essi trasmettono e non nei dettagli della storia raccontata.
Questo è vero in particolare per i Vangeli dell’Infanzia (di Gesù), che sono
di una grande ricchezza, sia simbolica e poetica che teologica e spirituale.
Il messaggio che percorre tutte le letture della Messa
di oggi è quello della universalità della salvezza. E’ questo il messaggio
che importa meditare, molto più che fermarsi ai particolari della visita dei
Re Magi o ancora a tutto il folklore
che è stato elaborato intorno a questi personaggi nel corso dei secoli. Nelle
tre letture non vi è soltanto una progressione costante della rivelazione,
ma una dinamica di approfondimento di quella rivelazione – un approfondimento
che non ha cessato di progredire fino ai giorni nostri. E poiché non vi è rivelazione nel senso pieno
del termine che quando questa è ricevuta, si puo’ dire che vi è una progressione costante della rivelazione
via via che essa viene ricevuta dalle generazioni successive di credenti.
L’entrata in argomento (prima lettura) era solenne : « Alzati, Gerusalemme, risplendi ; è arrivata la tua luce !» .Ma
ecco che il profeta (Deutero-Isaia) si affretta ad aggiungere che la luce
che si è levata su Gerusalemme non è per lei sola : « Le nazioni
cammineranno verso la tua luce, e i re verso il chiarore della tua aurora ».
Gli ebrei, - come del resto i cerdenti di tutte le tradizioni religiose e
di tutti i tempi – volevano accaparrarsi Dio, il « loro » Dio, e farne un possedimento esclusivo. Isaia dice
loro che questa luce, anche se è veramente la « loro » luce, perché
è venuta su di loro, non appartiene a loro. Se questa luce è venuta sopra
di loro, altri verranno a lei. Le nazioni non verranno da Israele, ma verranno
verso la luce che si è levata su Israele. La differenza è enorme.
Il racconto del Vangelo di oggi è una applicazione
di questa profezia. Appena nasce Gesù – appena si leva su Israele la luce del Verbo incarnato, le nazioni si affrettano
ad aprirsi a questa luce, mentre Israele non si mostra aperto ad essa, e le nazioni accorrono, portando
con sé i simboli delle loro pratiche
religiose.
Paolo, con il suo approccio sempre teologico, ci trasmette,
nella sua Lettera agli Efesini, il
mistero che era rimasto nascosto alle generazioni passate e che era stato
rivelato a lui. Questo mistero è che i pagani sono associati alla stessa eredità,
allo stesso corpo, alla condivisione della stessa promessa, nel Cristo Gesù,
per mezzo dell’annuncio del Vangelo.
Questo insegnamento di san Paolo è stato interpretato
in diversi modi attraverso i secoli. Passati quasi duemila anni, la Chiesa ne scopre sempre nuovi aspetti. A
lungo lo abbiamo inteso in modo esclusivo : « Fuori della Chiesa
non c’è salvezza », il che condannava alla perdizione la maggior parte
degli uomini e delle donne di tutti i tempi, che non hanno mai ricevuto la
predicazione della Chiesa. Oppure lo si è inteso in maniera « inclusiva » :
tutti sono chiamati a ricevere il messaggio del
Vangelo e a diventare Cristiani per poter essere salvati. Ma con il Vaticano
II, la Chiesa è andata molto oltre nella comprensione di questo « mistero ». I Cristiani non hanno il « privilegio » di essere i soli
ad essere salvati, ma hanno la « missione » di trasmettere a tutti
il messaggio di Gesù, che consiste in questo : Dio vuole che tutti
gli uomini siano salvati.
La figura simbolica e altamente poetica dei magi venuti
dall’Oriente, che offrono a Gesù oro,
incenso e mirra, rappresenta i popoli di tutte le culture e di tutte le credenze che lodano Dio attraverso i riti e i simboli delle loro diverse tradizioni
religiose. Nel tempo stesso in cui dobbiamo testimoniare, senza paura e senza
falsa modestia, sulla Rivelazione
che abbiamo ricevuto tramite il Vangelo, dobbiamo coltivare un profondo rispetto
per tutti coloro che lodano Dio attraverso
tradizioni religiose diverse dalla nostra. Ogni essere umano, che sia stato
o no a contatto con il messaggio del Vangelo, è stato trasformato dall’Incarnazione
del Verbo di Dio che, facendosi uno di noi ha assunto e trasformato l’umanità
tutta intera.
Armand VEILLEUX