24 agosto 2003 -- XXI domenica "B"

(Gs 24,1-2a.15-17.18b; Éf 5,21-32; Gv 6,60-69)

 

 

O M E L I A

 

            Nel corso delle ultime quattro domeniche, abbiamo letto al Vangelo il lungo discorso sul pane di vita, che si trova nel capitolo 6 del Vangelo di Giovanni, in cui Gesù  presenta se stesso  come il pane vivo dato al mondo dal  Padre e invita ad una fede totale nella sua persona e nel suo messaggio. L’epilogo di questo discorso, che leggiamo oggi (prima di riprendere la lettura del Vangelo di Marco domenica prossima) fu un punto-cardine di grande importanza nel ministero di Gesù e soprattutto nella sua relazione con la folla dei discepoli che lo seguivano e in particolare con i dodici Apostoli.

            Fa parte della psicologia di ogni popolo, soprattutto se è oppresso o sotto occupazione da parte di un’altra potenza, attendere un liberatore. Gli Ebrei aspettavano un Messia che li liberasse dall’oppressione dei Romani (poiché era Roma che a quel tempo occupava il loro territorio).  Appena Gesù si mette ad insegnare, e soprattutto appena compie qualche miracolo, le folle in gran numero si mettono al suo seguito.  Avrebbe avuto facilmente fedeli in numero sufficiente per organizzare una sedizione.

            Inoltre, quando ha nutrito la folla moltiplicando i pani, vogliono già incoronarlo re. Il momento è venuto per Gesù di costringerli a scegliere tra i loro sogni e Chi Egli è veramente.

            Di fatto, quando Gesù, con quella frase misteriosa: “è lo spirito che vivifica, la carne non serve a niente”  indica loro chiaramente che egli non è venuto per ristabilire un regno materiale e politico, le folle lo abbandonano in massa. Allora Gesù si rivolge ai “Dodici” (cifra  simbolica che appare qui per la prima volta nel Vangelo di Giovanni) e dice loro: “Anche voi volete andarvene ?”

            Questa domanda mostra fino a che punto è importante per Gesù l’obbedienza alla missione che ha ricevuto dal Padre. Nessun compromesso è possibile su questo punto. Egli è pronto a veder partire non soltanto la folla dei discepoli che lo seguono, ma anche i Dodici, che egli stesso si è scelti.  Del resto è consapevole  che non tutti gli saranno fedeli fino alla fine. Quando Pietro si affretterà a rispondere a nome dei Dodici, Gesù risponderà con tristezza: “Non vi ho forse scelti tutti e Dodici ?... eppure uno di voi mi tradirà.”

            Già nell’Antico Testamento il Popolo di Dio si trovò confrontato diverse volte a delle situazioni in cui dovette prendere posizione: o credere in Yahvé e accettarne tutte le conseguenze, oppure fare come i pagani. Ne abbiamo avuto un esempio nella prima lettura di oggi, in cui Giosuè obbliga le dodici tribù di Israele a prendere posizione per o contro Yahvè. E’ d’altronde proprio in questo atto di fede collettivo, che questo coacervo di tribù diverse, ciascuna con le sue tradizioni e le sue credenze, fu costituito in un vero popolo.

            Così  è di noi. Noi tutti nelle nostre vite - nelle nostre vite personali ma anche in comunità - veniamo a trovarci in circostanze in cui siamo obbligati a prendere posizione. Si tratta in generale di circostanze in cui, per essere fedeli alla fede che professiamo dobbiamo compiere certi atti o rifiutare di compierli. In tali circostanze, si manifesta non soltanto la nostra identità cristiana, ma questa identità ci viene anzi data o confermata proprio allora.

            In ognuna di queste circostanze Dio ci mette davanti alla nostra libertà umana e dice a ciascuno di noi: “anche tu mi vuoi abbandonare?”.  Chiediamogli di avere sempre il coraggio di dire con Pietro e come lui: “Signore, e dove andremmo mai ?”, qualunque sia il prezzo che noi dobbiamo pagare per questo.

 

Armand VEILLEUX