27 luglio 2003 – XVII domenica "B"
2 Re 4, 42-44; Ef 4, 1-6; Gv 6,1-15
O M E L I A
Nel nostro lezionario domenicale
interrompiamo per un po’ di tempo la lettura del Vangelo di Marco, per leggere una sezione di quello di Giovanni - una sezione con un
carattere fortemente pasquale, in cui tutti i dettagli hanno una dimensione
simbolica.
Il popolo ebraico aveva
conosciuto la schiavitù in Egitto: Ne era stato
liberato con la fuga attraverso il Mar Rosso e Yahvé l’aveva nutrito nel
deserto con la manna. Il nostro Vangelo di oggi ci
dice, sin dalla prima frase, che Gesù era passato sull’altra riva del lago di
Tiberiade, il che è un’allusione al passaggio del mar Rosso. Una grande folla,
che aveva visto
i segni che egli andava compiendo, lo seguiva, come quella che aveva seguito
Mosè, di cui aveva allo stesso modo visto i segni. Gesù, come Mosè, raggiunge la
montagna (vedi Esodo 24, 1-2.9.12). Ancora, secondo Giovanni, era un po’ prima di Pasqua, che egli chiama
con un certo disprezzo “la grande festa dei Giudei”, perché questa festa era
diventata una nuova forma di schiavitù del popolo nelle mani dei dottori della
Legge e dei sacerdoti (quelli che Giovanni chiama “i Giudei”).
Ai giorni nostri una
grandissima parte dell’umanità vive in una forma di schiavitù, la peggiore che
ci sia, la fame. La fame uccide ogni anno parecchie decine di milioni di
persone, molte di più dell’AIDS, della malaria e di tutte le altre malattie
infettive messe insieme. Questa schiavitù è in larghissima misura il frutto del
controllo dell’economia mondiale, e dunque delle risorse vitali, da parte di alcune grandi potenze nazionali e multinazionali. La
soluzione adottata da Gesù per la situazione del suo tempo ci indicherà quale soluzione è necessaria oggi.
Gesù alza gli occhi, vede
la folla numerosa che lo segue, e si rende conto del suo bisogno di cibo, prima
ancora che qualcuno abbia manifestato questo bisogno. Non dobbiamo fare allora la stessa cosa noi
ai giorni nostri: vedere i bisogni dei milioni di affamati, prima che delle
“catastrofi umanitarie” non debbano essere utilizzate dai circuiti pubblicitari
per risvegliare le nostre emozioni ?
Filippo, a cui Gesù espone dapprima questa
situazione, non
può concepire una soluzione altro che monetaria e matematica: “il salario di
duecento giornate non basterebbe perché ciascuno abbia un pezzetto di
pane”. E’ esattamente in base alla stessa logica che
si organizzano riunioni dei paesi
donatori per raccogliere fondi allo scopo di nutrire popoli ridotti alla
fame da guerre che sono enormemente più costose.
Per Gesù questa via non rappresenta una soluzione. Non farebbe che prolungare
la schiavitù e l’umiliazione delle popolazioni alle quali si distribuisce
“generosamente” (dai camion militari) la razione quotidiana strettamente calcolata.
La soluzione proposta da Andrea e scelta da Gesù, è
quella della condivisione. Le persone presenti non sono chiamate a presentarsi e a mettersi in coda
per ricevere la loro razione alimentare dalla mano di generosi benefattori;
sono invitate a sdraiarsi, come lo si faceva nei banchetti e particolarmente
per il banchetto pasquale, per consumare un pasto in tutta dignità, con dei
commensali. E quando tutti sono sdraiati nell’erba abbondante (segno
dell’abbondanza del Regno) Gesù stesso distribuisce loro il cibo, come fa un ospite con i suoi invitati.
Oggi i paesi ricchi si mettono in pace troppo
facilmente la coscienza dando una parte del loro surplus agricolo ai paesi
poveri, o dando del denaro per comprare viveri per i popoli spostati dal loro ambiente
e ridotti alla fame cronica. Ma non è questo a cui invita il messaggio evangelico. Esso invita ad una trasformazione radicale del
sistema economico internazionale, al fine di restituire a tutti i popoli la loro dignità, e per invitare ciascuno al festino
delle nazioni e permettere a tutti un eguale accesso alle ricchezze della
creazione.
Ai tempi di gloria dell’Impero Romano, la minoranza
dei “cittadini romani” riceveva in abbondanza pane e giochi (panes et circenses), frutto del lavoro
di milioni di schiavi. Il mondo attuale, sciacquandosi
la bocca con belle espressioni come “globalizzazione” e “mondializzazione”, ha
nuovamente diviso l’umanità in una minoranza di padroni (non oseremmo dire di
uomini “liberi”) e una immensa maggioranza di affamati ridotti a nuove forme di
schiavitù.
Noi Cristiani, che cosa facciamo per invertire
questa marcia verso la catastrofe ?
Armand VEILLEUX