16 Marzo 2003 – 2ª domenica di Quaresima "B"

Gen 22, 1-2. 9. 10-13. 15-18; Rom 8, 31-34; Marco 9, 2-10

Abbazia di Vitorchiano, Italia

 

O m e l i a

           

            L'evento narrato nel Vangelo di oggi ha luogo in un momento cruciale nella vita pubblica di Gesù.  Per un certo tempo le folle lo avevano accolto ed avevano ricevuto il suo messaggio con apertura ed anche, in alcune occasioni, con entusiasmo.  In seguito, dato che era gradualmente diventato una minaccia per le autorità, i Farisei cominciarono a fargli una lotta costante, e le folle lo abbandonarono a poco a poco.  A un certo momento si rese conto chiaramente che i suoi nemici stavano per vincere e che egli stava per morire.  Annunciò allora la sua morte ai suoi discepoli e, a partire da quel momento, consacrò la maggior parte del suo tempo a formare i discepoli piuttosto che ad insegnare alle folle.

 

            Spesso, durante la sua vita pubblica, e specialmente quando aveva delle decisioni importanti da prendere, Gesù si ritirava nella solitudine per passare qualche momento – talvolta la notte intera  -- in preghiera.  È ciò che fece dopo aver annunciato la sua morte ai discepoli.  Questa volta, però, non ci andò da solo.  Prese con se tre discepoli : Pietro, Giacomo e Giovanni – forse perché erano quelli che gli erano più particolarmente vicini, ma forse anche perché erano quelli fra i discepoli che presentavano la maggior resistenza al suo messaggio (3,16 sq , cf. 5,37).

 

            Là, durante la sua preghiera, Gesù dovette dire di "sì" alla volontà del Padre.  Dovette accettare pienamente la sua missione, dunque anche la sua morte.  Poi, quando ogni aspettativa umana era sparita, quando non c'era più che la speranza pura e nuda nel Padre, quando tutto ciò che non era la sua missione messianica era stato tolto o si sbriciolava, si rivelò la sua vera identità.  Venne trasfigurato.  Tutta la sua umanità era ridotta alla volontà del Padre su di Lui.  E siccome i tre discepoli avevano avuto il privilegio di partecipare alla sua preghiera, furono ammessi a questa rivelazione della sua identità. 

 

            Appaiono allora Mosé  e Elia, i quali simbolizzano il complesso della religione antica d'Israele.  Per Pietro, Giacomo e Giovanni non c'è più nulla da cercare.  Le loro attese si sono realizzate.  Il Messia ha trionfato.  E Pietro propone di non andare più avanti, di restare là:  "Rabbi,   facciamo tre tende..."  Egli manifesta così che la visione non ha cambiato la sua mentalità.  Resta attaccato alla tradizione antica e pretende mettere nella stessa categoria Gesù, Mosè e Elia, integrando allora il messianismo de Gesù nelle categorie del Vecchio Testamento.

 

            Pietro fugge il conflitto:  preferisce la montagna a Gerusalemme e il Tabor al Calvario.  La voce del padre lo riporta al presente:  Questo è il mio Figlio diletto. Ascoltatelo.  Mosè e Elia non dicono niente ai discepoli. Non parlano per nulla.  Spariscono e rimane soltanto Gesù che il Padre dichiara su figlio diletto che si deve ascoltare.  La Legge e i Profeti sono compiuti.

 

            Anche noi dobbiamo lasciarci trasfigurare, diventando identificati, in tutto nostro essere umano, con la volontà di Dio su di noi.  Ciò può avvenire, per noi come per Gesù, quando abbiamo il coraggio di ritirarci nella solitudine per pregare.  Siamo anche chiamati a vedere ciascuno dei nostri fratelli e ciascuna delle nostre sorelle nella loro natura trasfigurata.  Dio si rivela in ciascuno e in tutti, se i nostri occhi e i nostri cuori sono capaci di vedere.  E poiché solamente coloro che hanno un cuore puro possono vedere Dio, utilizziamo l'osservanza della Quaresima per disporci a ricevere questa grazia della purezza del cuore.