25 marzo 2003 -- Solennità dell'Annunciazione
Isaia 7,10-14; Ebrei 10,4-10; Lc
1,26-38
Il Vangelo di domenica scorsa
ci mostrava Gesù mentre scacciava
dal Tempio i venditori di buoi, agnelli
e colombe e rovesciava i banchi dei cambiavalute. Con questo gesto simbolico e incisivo, Gesù
intendeva mostrare che con la sua venuta aveva posto fine ai sacrifici dell’Antica
Alleanza. Ormai è la sua persona, il suo corpo risuscitato, che sostituisce
l’antica liturgia. « Distruggete questo Tempio e lo riedificherò in tre
giorni .»
Questo insegnamento è ripreso
dal passo della Lettera agli Ebrei, che abbiamo oggi come seconda lettura.
Entrando nel mondo, il Figlio di Dio
fatto Uomo dice al Padre : « Tu non hai voluto sacrifici né offerte…Eccomi…sono
venuto a fare la tua volontà. Questo non significa che la morte di Cristo
sarebbe dello stesso ordine dei sacrifici dell’Antico Testamento, e che cambierebbe
solo la qualità della vittima. No ! Il sacrificio di Cristo, quello mediante
il quale egli ci ha salvato, è la sua obbedienza : « Sono
venuto a fare la tua volontà ». Si è identificato con la volontà salvifica
del Padre – « è per questa volontà di Dio che noi siamo santificati »
- e questa obbedienza doveva condurlo
fino alla morte, che egli ha accettato per obbedienza. Il suo « sacrificio »
è prima di tutto non la sua morte, ma la sua obbedienza.
Il mistero che celebriamo
oggi, in questa solennità dell’Annunciazione, è precisamente il primissimo istante di questo atto, o piuttosto di
questo atteggiamento di obbedienza. Il Figlio di Dio ha, dall’eternità, una
sola volontà con il Padre ; Ed è incarnandosi, cominciando la sua vita
di uomo, che ha potuto cominciare a « conformare » la sua volontà
a quella del Padre, dunque ad obbedire. Noi celebriamo il momento preciso
in cui si è incarnato nel seno di Maria.
Maria non può dunque essere
estranea a questo mistero. Al contrario, questo mistero, nella sua realizzazione,
dipende dalla sua propria obbedienza. Sono così rivelate la grandezza dell’essere
umano e l’umiltà di Dio. Il Verbo non ha potuto dire al Padre : « Eccomi
per fare la tua volontà », prima che un’umile ragazza dicesse :
« avvenga di me secondo la tua parola ».
Attraverso la nostra vocazione monastica, come per mezzo
delle nostre promesse battesimali, e anche, al di là di tutto ciò, per essere
stati creati a immagine di Dio, siamo chiamati ad obbedire, cioè ad amare,
conformando la nostra volontà a quella di Dio. In questa celebrazione lasciamoci invadere da ammirazione e stupore davanti al mistero della volontà divina, che vuole far dipendere dalla nostra
obbedienza la realizzazione concreta, nel tempo, dell’obbedienza di Cristo e la nostra propria salvezza, così
come quella di tutta l’umanità.