27 agosto 2000 – Capitolo alla Comunità di Scourmont

 

Il ritmo delle stagioni e il ritmo della preghiera (RB 8)

 

RB 8. IL SERVIZIO DI DIO DURANTE LA NOTTE

 

  L’ORARIO D'INVERNO

1 Durante la stagione invernale, dal 1° novembre fino a Pasqua, è ragionevole che i fratelli si alzino tra le due e le tre del mattino.

2 In effetti, i fratelli si riposano un po’ più della metà della notte. Così, quando si  alzano, la digestione è terminata.

3 Il tempo che avanza dopo le Vigilie, i fratelli lo impieghino a meditare i salmi e le letture, da cui hanno sempre da imparare qualcosa.

 

  L'ORARIO D'ESTATE

4 Da Pasqua fino al 1° novembre, l’orario della levata si regoli in modo tale che tra l’Ufficio delle Vigilie e le Lodi vi sia un breve Intervallo di tempo, durante il quale i fratelli possano uscire per i bisogni  corporali. E subito dopo segua l'ufficio delle Lodi,  che si cantano alle prime luci dell’alba.

 

 

Dopo il lungo capitolo 7 sull’umiltà, Benedetto passa, senza alcuna transizione, ad una serie abbastanza lunga di capitoli, nel corso dei quali descrive la struttura dell’Ufficio Divino. Si tratta proprio di una descrizione della struttura dell’Ufficio e del modo di celebrarlo, e non di una elaborazione spirituale o teologica sulla preghiera comunitaria. La maggior parte dei grandi commenti della Regola, o si propongono di mostrare la dipendenza della Regola da tale o talaltra tradizione liturgica, oppure tentano di mettere in evidenza la teologia  dell’Ufficio in Benedetto. Nella presente serie di brevi commenti, preferisco soffermarmi su tutti i piccoli dettagli in apparenza senza importanza del testo di san Benedetto, per tentare di cogliere il posto che l’Ufficio aveva nella vita concreta del monaco secondo Benedetto.

All’inizio deI capitolo (RB8) tratta dell’Ufficio notturno, e descrive come la notte è suddivisa tra diverse attività. In tutta la tradizione monastica precedente il senso della preghiera notturna è sempre stato diverso da quello delle riunioni di preghiera durante il giorno. L’importante di notte è il fatto di “vegliare” con il Signore, ancora più dei testi che si potranno utilizzare. All’epoca di Pacomio, per esempio, la tradizione generalmente era quella di dormire per metà della notte e di vegliare l’altra metà. Ciò si faceva in diversi modi: o si dormiva la prima metà della notte e si pregava durante la seconda metà, oppure si pregava nella prima metà e si dormiva nella seconda, o ancora si alternavano i momenti di veglia e di riposo (il periodo di veglia era spesso accompagnato da lavori leggeri che concorrevano a far restare svegli). Benedetto, con la sua discretio abituale, prevede che si dormirà un po’ più della metà della notte.

Ai giorni nostri abbiamo l’elettricità un po’ dovunque, e soprattutto la giornata è divisa in 24 ore uguali, qualunque sia il periodo dell’anno. All’epoca di Benedetto evidentemente non era così. La notte andava dal tramonto del sole fino al levar del sole. Era dunque più lunga d’inverno che d’estate; e questa differenza di lunghezza era tanto più accentuata a seconda della maggiore o minora distanza dall’equatore. La notte era dunque ripartita in “ore” o “veglie” più lunghe d’inverno che d’estate. L’adattamento a questo ritmo della natura aveva il vantaggio di permettere al monaco di vivere in simbiosi con la natura stessa. Benedetto prevede dunque una utilizzazione delle ore della notte diversa d’inverno rispetto all’estate.

Il periodo invernale, che va dalle calende di novembre fino a Pasqua, era il periodo in cui si praticava un digiuno più severo, il che vuol dire che l’unico pasto della giornata, che era allora piuttosto abbondante,  si prendeva abbastanza tardi nel pomeriggio. Benedetto, con un senso molto concreto di realismo, prevede dunque che, se si dorme un po’ più della metà della notte, è perché, al momento di alzarsi, si sia terminata la digestione! Il che vuol dire che egli tiene a che il monaco abbia lo spirito libero e pronto a mettersi in preghiera al momento della levata…

Siccome le notti  invernali sono lunghe, e farà senza dubbio ancora notte, una volta terminato l’ufficio delle Vigilie, Benedetto prevede che un periodo di tempo sarà allora consacrato alla meditazione (cioè alla recitazione a bassa voce) sia del salterio sia delle altre letture, per i fratelli che hanno ancora bisogno di memorizzare.

Il ritmo dell’estate è tutto diverso.  Poiché le notti sono molto più corte, al momento in cui si terminerà l’Ufficio delle Vigilie, sarà praticamente già ora di cominciare l’Ufficio delle Lodi, perché già si leva il sole. Non è il caso allora di dedicarsi alla lectio o di imparare i salmi o altri libri della Sacra Scrittura. Ma Benedetto resta molto attento alle cose pratiche, e prevede almeno un piccolo intervallo molto breve perché i monaci possano dedicarlo ai “bisogni naturali”.

Questi piccoli dettagli “fisici” ci rivelano molto della personalità e dell’equilibrio di Benedetto. Non è uno spirituale disincarnato; al contrario. I monaci non sono degli automi che macinano preghiere, e la preghiera non è semplice recitazione meccanica di formule imparate a memoria. Come dirà più oltre, lo stato dello spirito deve corrispondere alle parole recitate. E’ dunque importante che il monaco sia fisicamente in grado di pregare. Per questo occorre che la sua digestione sia terminata quando si alza, e deve andare a “liberarsi” prima di cominciare l’Ufficio del mattino.

E’ il monaco tutto intero che prega, corpo e anima; il suo corpo deve dunque essere anch’esso in stato di preghiera! Inoltre, i ritmi che il monaco vive nel suo corpo sono legati ai ritmi dell’ambiente naturale. E’ dunque importante per lui vivere in simbiosi con questi ritmi.

Anche se, ai nostri giorni, non possiamo rinunciare alla luce elettrica e alla precisione dei nostri orologi, è bene avere degli orari distinti per i diversi momenti dell’anno, per vivere questa comunione con Dio attraverso la comunione con i ritmi della natura intorno a noi (soprattutto alle latitudini in cui le stagioni sono nettamente definite). E poi, evidentemente, questo equilibrio previsto da Benedetto si realizza soltanto se si celebra l’Ufficio notturno veramente di notte, e non nella serata o in mattinata.

Nella preghiera delle Ore per i laici e i preti secolari, e così pure per la maggior parte dei religiosi di vita attiva, si comprende come le Vigilie siano state sostituite da un “Ufficio delle Letture”, che prende un tutt’altro senso. Ma per il monaco che vuol fare di tutta la sua vita una “veglia” nell’attesa del ritorno di Cristo, è importante che le Vigilie restino una “veglia nella notte”.

 

Armand VEILLEUX

(traduzione di Anna Bozzo)